Le difficoltà e gli scontri a cui assistiamo in queste ore per la formazione delle liste elettorali, oltre alle solite motivazioni, hanno un “colpevole” speciale: il taglio dei parlamentari voluto dai parlamentari. A parte 14 deputati – tra cui Riccardo Magi di +Europa, unica forza politica che compatta si schierò contro questa follia – nell’ottobre del 2019 la riforma voluta dal Movimento 5 stelle è diventata legge, poi confermata dal referendum.

Uno di quei casi esemplari in cui il populismo dei 5Stelle ha contagiato tutto e tutti: la politica, il governo e l’opposizione, l’opinione pubblica, l’informazione. Eravamo in pochi a gridare contro l’ennesimo scempio della rappresentanza. Era evidente che davanti alla crisi della democrazia, l’ultima cosa da fare era recidere ulteriormente il legame tra chi siede in Parlamento e i cittadini che votano. Invece si è scelta esattamente questa strada. Il ragionamento era semplice e insieme terrificante: siccome la democrazia funziona poco e male, cerchiamo non di ripristinarla, di sanarla, di fare qualsiasi tentativo perché guarisca. No, facciamo di tutto – era il ragionamento contagioso dei grillini – perché vada definitivamente a farsi benedire.

Il chirurgo davanti a un arto che non funziona bene, lo cura. Almeno che non metta a rischio la sopravvivenza di tutto il corpo. I grillini, seguiti senza senso critico dalle altre forze politiche, hanno evidentemente ritenuto che quel corpo – cioè il Parlamento, cioè loro, cioè la politica – fosse andato in cancrena e hanno operato per distruggerlo. Ci sono quasi riusciti. Sicuramente ci sono riusciti con la democrazia interna di cui nei 5 stelle resta appena un’ombra. Non ci sono riusciti per quanto riguarda la vita parlamentare e democratica. Oggi scopriamo che quel taglio, giustificato con il mantra “costa di meno” (un caffè per ogni cittadino) rende ancora più difficile scegliere chi candidare: come fare cioè a comporre un Parlamento che sia rappresentativo di istanze, generi, territori, battaglie, valori.

Eh sì, forse adesso si inizia a comprendere che meno deputati e meno senatori, hanno un costo enorme per la collettività: significa avere un Parlamento in cui le competenze sono dimezzate, in cui le istanze delle minoranze sono residuali, in cui le donne e le loro battaglie, per esempio, conteranno di meno. Eppure, non si sente nessuno che chieda scusa, nessuno che delle forze politiche che si sono fatte trascinare dal populismo giustizialista dei 5 Stelle dica: cavolo, ci siamo sbagliati! Forse non riavremo più il vecchio Parlamento numericamente parlando, ma se si chiedesse scusa si farebbe un passo avanti per lasciarsi alle spalle il virus mortifero del qualunquismo.

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