Da una rigenerazione urbana incoerente, ad una visione di sicurezza metropolitana che sembra non seguire un progetto complesso, fino alla mancanza di un concetto di periferie davvero fruibili, passando per l’amministrazione difficile di un patrimonio pubblico poco utile. Alle criticità di Milano che una sinistra ideologica fatica ad affrontare e una destra prigioniere del suo racconto riduce a propaganda, prova a dare risposte quell’area che non si arrende all’idea di non trovare una dimensione unitaria. La città ha bisogno urgente di una proposta riformista, che solo da lì sembra poter arrivare.

Le partecipate non servono

Ormai è da molti anni che non ci sono più amministrazioni di centro destra a Milano, ma nel passato non si sono comportate in modo molto diverso da quelle di sinistra: tutti i politici dei due schieramenti hanno un particolare attaccamento alla “roba” di famiglia. Infatti, il Comune di Milano controlla gli aeroporti cittadini tramite SEA, A2A, congiuntamente con il comune di Brescia, la ristorazione, ATM, la metropolitana milanese, Milano Sport, Arexpo (i terreni dell’Expo), i mercati generali con So.Ge.Mi., Amsa, un po’ di farmacie e qualche altra società minore.

In nessun caso la proprietà pubblica è necessaria. O si tratta di imprese che operano in regime di concorrenza con imprese anche private (A2A, SEA, Milano Ristorazione, farmacie, ad esempio) oppure potrebbero essere regolate per fornire il servizio pubblico o, meglio, partecipare a gare per l’erogazione del servizio. Peraltro, una caratteristica del Comune è che oltre a fare il proprietario (comportandosi come un privato: non è che SEA dia agevolazioni ai milanesi rispetto a quel che fa Fiumicino coi romani) è un monopolista con tutte le conseguenze di inefficienza che questo comporta. Niente gare per i trasporti o i rifiuti o la ristorazione e così il controllore (il Comune) è il padrone del controllato.

Alessandro De Nicola

Zona Economia Speciale per l’AI

Una “A.I. Sandbox” per Milano. Con il suo ruolo di hub economico, tecnologico e culturale, Milano deve ambire a diventare una Zona Economica Speciale dedicata all’Intelligenza Artificiale, un’area in cui la sperimentazione e lo sviluppo di tecnologie avanzate siano incentivati da un approccio regolatorio e fiscale radicalmente più flessibile dell’attuale rigidità e insensibilità delle istituzioni nazionali ed europee sul tema. L’idea di una “sandbox” regolatoria per l’AI nasce dalla necessità di superare le rigidità imposte dall’AI Act europeo e dall’approccio vagamente luddista del governo – e, in verità, di gran parte del parlamento italiano – che rischia di soffocare l’innovazione in settori strategici come le life sciences e le applicazioni sociali e organizzative dell’AI.

In questo contesto, Milano si candida a fungere da laboratorio privilegiato. Per esempio, in ambiti considerati aprioristicamente ad alto rischio, come la sperimentazione di algoritmi di AI nella genetica o nelle applicazioni educative, potrebbe accelerare lo sviluppo di cure personalizzate o contribuire a rendere più efficaci ed efficienti i processi formativi, specie in una fase storica come questa, dove sono richiesti estesi interventi di reskilling e upskilling delle professionalità.

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Periferie come centri urbani

Milano, simbolo di dinamismo economico e culturale, ha sempre attratto talenti e investimenti. Tuttavia, il divario tra il centro città e le periferie rimane una sfida da affrontare con urgenza, con l’obiettivo di creare un ecosistema urbano integrato, capace di garantire qualità della vita e servizi all’avanguardia. Le periferie milanesi devono diventare luoghi dove vivere è un’opportunità, non una seconda scelta. Per renderle tali, è necessario investire nella riqualificazione degli edifici, creare spazi pubblici moderni e accessibili, e garantire servizi.

I quartieri devono evolversi in “piccole città nella città”, dove si possa vivere, lavorare e socializzare senza sentirsi isolati. Di fondamentale importanza è il collegamento rapido con il centro città: potenziare le linee metropolitane, sviluppare nodi di interscambio. Seguendo l’esempio dei suburbs americani, le periferie milanesi potrebbero trasformarsi in hub verdi e inclusivi, con un’offerta abitativa variegata e accessibile, integrata ad un’efficiente rete di trasporto pubblico. La centralità di queste aree nel sistema cittadino non sarebbe solo geografica, ma anche economica e culturale, contribuendo a fare di Milano una metropoli più equilibrata e inclusiva. Non è un’utopia, ma una strada percorribile con una pianificazione strategica…

Elena Buratti

Il paradosso dell’edilizia sociale

C’è un tema specifico, ma importante, all’interno del grande argomento della “questione casa” a Milano e riguarda tanto il mercato in generale, quanto la disponibilità di alloggi a prezzi accessibili. Ho condotto uno studio, in cui valuto l’impatto che la regolamentazione sull’Edilizia Residenziale Sociale ha avuto negli ultimi due o tre anni sulla profittabilità e lo sviluppo. Avendo esaminato i costi e i prezzi di vendita degli appartamenti, risulta che se la quota di ERS è superiore intorno al 40%, il progetto va in perdita, perché i prezzi ERS di vendita e di affitto sono bassi, e più bassi di quelli di mercato. Vuol dire che si può pensare a un vero sviluppo soltanto se la quota ERS non supera il 25%. Paradossalmente il risultato di aver alzato la quota ERS è che non si costruiscono le case pubbliche, non si costruiscono le case a mercato libero e non si costruiscono le case ERS.

Nel primo trimestre di quest’anno a Milano sono state costruite circa 600 abitazioni, appartamenti, quindi ad un livello annuale di 2.500, quando a detta dello stesso Comune ne servirebbero 5.000. Tenendo conto anche del fatto che c’è un ricambio molto forte della popolazione milanese, sono arrivato ad una stima di un bisogno annuale di 9.000 abitazioni. Quindi stiamo viaggiando a un livello di 2.500 contro 9.000. Qual è il risultato? Che i prezzi delle case nel mercato libero vanno in alto e non si fanno case in edilizia residenziale sociale. Quindi, paradossalmente, per aumentarne la disponibilità, bisognerebbe abbassarne la quota obbligatoria.

Carlo Cottarelli

L’efficienza genera le sicurezza

Se il dibattito politico si arena tra l’allarmismo a tendenza securitaria della destra e le minimizzazioni buoniste della sinistra, noi come Riformisti abbiamo lavorato a diverse proposte concrete.
Ci siamo battuti insieme al Sindaco Sala per far assumere nuovi vigili urbani, e far sì che siano davvero in strada. Abbiamo chiesto un rafforzamento dei vigili di quartiere, un presidio territoriale forte e non solo simbolico il cui valore è stato riconosciuto dal nuovo Comandante Mirabelli. Abbiamo incalzato l’amministrazione all’utilizzo più efficace dei sistemi di videosorveglianza. Nel nuovo regolamento comunale si prevede, come auspicavamo, l’integrazione dei sistemi di videosorveglianza pubblici, privati e di partecipate.

Infine, seguendo l’esempio di città come Roma e Torino, dove si è rivelata molto efficace per diminuire i reati nel trasporto pubblico locale, abbiamo proposto l’introduzione della polizia amministrativa sui mezzi pubblici. Questa ancora non ci è stata approvata. Per noi una città ordinata, che combatte l’incuria, è una città in cui è più facile contrastare l’illegalità e il disagio sociale. La movida ben gestita, i trasporti funzionanti e capillari, la diffusione del commercio locale, sono tutti aspetti che contribuiscono alla qualità della fruizione spazio pubblico.

Giulia Pastorella

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