Il dado è tratto. Venerdì 30 settembre alle ore 15 (le 14 in Italia) il Cremlino annetterà ufficialmente le regioni ucraine in cui si è tenuto il ‘referendum’ per il passaggio nelle Federazione Russa.  La cerimonia, a cui prenderà parte ovviamente anche il presidente Vladimir Putin, prevede la firma dei trattati sull’annessione delle regioni ucraine che dunque entreranno a far parte del territorio russo.

Si tratta delle Repubbliche autoproclamate di Luhansk e Donetsk e delle zone occupate di Zaporizhzhia e Kherson: quattro regioni che costituiscono circa il 15% del territorio ucraino. 

Secondo Mosca i favorevoli all’annessione sono stati circa il 99% dei votanti a Donetsk, il 98 a Luhansk, il 93 a Zaporizhzhia e l’87 a Kherson. Un plebiscito annunciato e scontato, visto i ‘metodi’ coercitivi per obbligare la popolazione al voto: militari armati che hanno battuto casa dopo casa per costringere i cittadini a votare in urne trasparenti, minacciati di morte, in territori sotto l’occupazione dell’esercito di Mosca.  I referendum erano stati annunciati la settimana scorsa dal Presidente russo Vladimir Putin in televisione nella stessa occasione in cui era stata annunciata la mobilitazione parziale di 300mila riservisti per la guerra in Ucraina

Al Cremlino invece, al termine dei cinque giorni di ‘consultazioni farsa’, si festeggia. Il portavoce Dmitry Peskov ha annunciato, come riporta l’agenzia Ria Novosti, “nel Gran Palazzo del Cremlino, nella Sala di San Giorgio, una cerimonia per firmare gli accordi sull’ingresso di tutti e 4 i nuovi territori ucraini in cui si è tenuto il referendum nella Federazione Russa”. Un evento in cui si sarà “un corposo discorso del presidente Putin”. 

Referendum di annessione delle regioni occupate che non saranno riconosciuti come validi da gran parte della comunità internazionale, così come già accaduto per quello tenuto nel 2014 in Crimea, primo territorio ucraino a cadere in mano russa.

Anche l’Italia, ovviamente, non riconoscerà come legale il referendum russo. A dirlo è stato il presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso di una conversazione telefonica col presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un colloquio, spiegano fonti di Palazzo Chigi, che si è incentrato sugli ultimi sviluppi della situazione sul terreno e sui ‘referedum’ illegali indetti dalla Federazione Russa nelle zone occupate del Donbass, di Kherson e di Zaporizhzhia. Draghi ha assicurato che l’Italia non riconoscerà l’esito delle ‘consultazioni’ “e ha confermato il continuo sostegno da parte del Governo italiano alle Autorità e alla popolazione ucraina in tutti gli ambiti”. Esito del referendum russo in Ucraina che anche l’Europa non può accettare: “Non accettiamo i referendum farsa e non accetteremo mai nessuna annessione dei territori ucraini occupati. Abbiamo già annunciato il nuovo pacchetto di sanzioni a causa di questi referendum“. ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Dana Spinant.

E intanto per il Cremlino si apre un nuovo fronte ai propri confini. Il governo finlandese ha annunciato che adotterà oggi una risoluzione che limiterà in modo significativo il diritto dei cittadini russi di entrare nel Paese come turisti e di utilizzare la Finlandia come Paese di transito quando si recano in altre parti dell’area Schengen. Il provvedimento è stato anticipato dal giornale locale Helsingin Sanomat: si tratta di una ‘risposta’ all’esodo di massa russo avvenuto in concomitanza con l’annuncio da parte di Putin della mobilitazione parziale dei 300mila riservisti, con migliaia di cittadini che hanno tentato la fuga all’estero per non dover andare sul fronte ucraino a combattere.

Proprio sulle fughe all’estero dei cittadini russi ha parlato oggi con toni minacciosi Vyacheslav Volodin, il presidente della Duma. “Ai cittadini che sono registrati nelle forze armate, dal momento in cui la mobilitazione viene annunciata, non è permesso di lasciare il loro luogo di residenza senza l’autorizzazione dei commissariati militari“, ha sottolineando in un post su Telegram. “Esiste una legge e tutti coloro che sono tenuti al servizio militare dovrebbero seguirla“, ha concluso. Volodin è il più alto esponente russo che abbia chiesto finora il divieto di espatrio per i russi che possono essere richiamati per la mobilitazione.
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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia