Dopo il dramma, le 78 vittime accertate, le centinaia di persone disperse in fondo al mare, lo scarico di responsabilità, la versione assai fantasiosa delle autorità greche (secondo cui un peschereccio stracolmo di migranti, senza acqua, avrebbe rifiutato il loro aiuto perché “preferivano andare in Italia), ecco arrivare i primi arresti.

Nove presunti scafisti egiziani sono stati arrestati in Grecia, dopo il drammatico naufragio avvenuto nelle prime ore del 14 giugno al largo di Pylos, nel sud del Peloponneso.  Secondo quanto emerso in questa prima fase di indagini, tra gli arrestati figurerebbe anche il capitano dell’imbarcazione capovolta e affondata con un numero imprecisato di migranti (dai 500 ai 750). Il “personale di bordo”, infatti, così come denunciato dai 104 sopravvissuti, avrebbe lasciato il peschereccio dopo la protesta dei migranti in seguito alla morte, per sete, di sei persone (tra cui due bimbi).

Il peschereccio aveva lasciato l’Egitto per poi imbarcare i migranti a Tobruk, città portuale nella Libia orientale, ed era poi salpato per l’Italia cinque giorni prima della tragedia. I sospetti arrestati a Kalamata, il porto della penisola del Peloponneso dove sono stati trasferiti i sopravvissuti, sono sospettati di “traffico illegale” di esseri umani, secondo l’agenzia greca Ana.

Sopravvissuti quasi tutti uomini

Sono al momento 104 le persone tratte in salvo. Presto dovrebbero essere trasferite in un centro di accoglienza per Migranti a Malakasa, a Nordest di Atene. Sono quasi tutti uomini, per lo più siriani (47), egiziani (43), oltre a 12 pachistani e due palestinesi, secondo le autorità greche. Più di venti persone rimangono ricoverate a Kalamata.

Ben 19 sos disperati

Ieri avevano raccontato che nella stiva della nave c’erano centinaia di persone, tra donne e bambini. Secondo quanto ricostruisce Repubblica, sono almeno 19 le telefonate “disperate” fatte in 13 ore ai volontari del soccorso del mare. L’ultima risale alle 00.46 di mercoledì notte (14 giugno), poche ore prima del naufragio.

Telefonate che, se ancora ve ne fosse bisogno, smentiscono la versione delle autorità greche, con la guardia costiera che aveva addirittura rassicurato tutti, sostenendo che le persone che si trovavano sull’affollato ponte esterno hanno ripetutamente rifiutato i tentativi di assistenza da parte di un’imbarcazione della Guardia Costiera greca che la stava sorvegliando, dicendo di voler raggiungere l’Italia.

“Quando ci si trova di fronte a una situazione del genere… bisogna essere molto cauti nelle proprie azioni”, ha addirittura dichiarato il portavoce della Guardia Costiera Nikos Alexiou all’emittente statale ERT. “Non si può effettuare un dirottamento violento su un’imbarcazione del genere con così tante persone a bordo… senza alcun tipo di cooperazione”.

Il lancio di bottiglie d’acqua e la nave che affonda

La motovedetta della Guardia costiere, insieme a due mercantili, la notte del 14 giugno ha ‘provato’ a soccorre il peschereccio dopo bene 16 ore, nonostante i ripetuti allarmi lanciati da Frontex e da Alarm Phone già dalla mattina. E come ha provato a soccorrere i migranti? Lanciando bottigliette d’acqua alle centinaia di persone assiepate sul pontile, in condizioni di precarietà assoluta e disperate perché da giorni non bevevano né mangiavano. Per prenderle, infatti, il peschereccio ha iniziato a oscillare pericolosamente, rischiando di capovolgersi, cosa che è effettivamente avvenuta dopo qualche ora.

La cronologia delle 19 telefonate di sos sono state registrate da Alarm Phone e dall’attivista Nawal Soufi. Così come c’è anche una immagina che smentisce la versione delle autorità greche: una foto scattata in pieno giorno da un elicottero della guardia costiera in cui si vedono centinaia di mani alzate per richiamare l’attenzione dei soccorritori.

Lo stesso ministero greco della Navigazione ha spiegato – così come ricostruisce sempre Repubblica – come la Guardia costiera si è mossa dopo aver ricevuto la prima chiamata (alle 11) della centrale operativa di Roma che fornisce il numero del satellitare dei migranti: alle 13.50 si alza in volo un primo elicottero, poi salpa una corvetta, alle 14 il primo contatto con il peschereccio, alle 18 un secondo elicottero, alle 18.30 altro contatto con il barcone da cui un uomo, in inglese, ripete: “Non chiediamo assistenza, ci servono solo cibo e acqua. Vogliamo andare in Italia“. Rifornimenti che arrivano intorno alle 19 da uno dei due mercantili in zona. Alle 22.40 la nave della Guardia costiera finalmente si avvicina e osserva: il barcone è illuminato dalle fotoelettriche. Tre ore dopo il motore si ferma, il barcone è fuori controllo, i tentativi di assicurarlo con delle cime provocano solo uno sbilanciamento fatale. E alle 2.04, il silenzio della notte è squarciato dalle urla dei pochi fortunati che riescono a rimanere a galla.

“Stiamo bevendo acqua di mare da giorni”

L’attivista Nawal Souf racconta le telefonate ricevute: “Mi dicevano ‘non c’è più acqua da giorni, niente cibo, stiamo bevendo acqua di mare”. A parlare era una donna che “mi hanno detto che è morta”. Poi rivela le parole di un altro uomo a bordo dell’imbarcazione: “Sento che questa sarà la nostra ultima notte”.

“Ci sono così tante domande aperte sul naufragio di massa al largo Pylos” fa sapere Alarm Phone. “Abbiamo bisogno di un’indagine indipendente sulle azioni delle forze greche e Frontex. Chiediamo che la ricerca dei dispersi continui e che, prima della sepoltura, venga prelevato il DNA di tutti i corpi trovati”.

Guardia costiere greca: “Passeggeri si opponevano e slegavano corde”

“Poco prima delle 23, l’equipaggio della nave 920 della Guardia Costiera ha puntato i fari sul peschereccio e ha informato i passeggeri con gli altoparlanti che, a causa del sovrappeso, erano in pericolo e che non sarebbero riusciti a raggiungere le coste italiane. I guardacoste hanno anche usato una corda per agganciare il peschereccio e controllare le condizioni al suo interno”. E’ quanto rivela una fonte interna alla Guardia costiera greca che ribadisce il tentativo delle autorità greche di trainare il peschereccio poi naufragato a sud del Peloponneso. “Alcuni dei passeggeri, tuttavia, che continuavano a opporsi alla prospettiva di essere portati in Grecia anziché in Italia – ha aggiunto la fonte -, avrebbero slegato la corda per continuare la rotta verso nord”. “Questo particolare incidente si è verificato alle 23.00, diverse ore prima dell’affondamento dell’imbarcazione”, ha chiarito la fonte a Kathimerini.

UE, in Grecia la più grande tragedia del Mediterraneo

“Non abbiamo ancora tutte le informazioni di quello che è successo, ma sembra essere la tragedia più grande nel Mediterraneo”. Lo ha detto la commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, rispondendo a una domanda sul naufragio al largo di Pylos nel corso di un punto stampa. “I trafficanti che mettono queste persone su queste barche non le stanno mandando verso l’Europa, le stanno mandando verso la morte. E’ assolutamente necessario impedirlo”, ha aggiunto la commissaria.

“Sfortunatamente, abbiamo visto” che una tragedia di questo tipo “sarebbe potuta accadere”, ha sottolineato Johansson, spiegando che “dall’inizio di quest’anno è stato rilevato un nuovo modus operandi” dei trafficanti, con “le partenze di questi nuovi pescherecci dalla parte orientale della Libia” che “sono aumentate del 600%”. “I trafficanti finora arrestati sono di nazionalità egiziana”, ha precisato la commissaria. “Dobbiamo combattere questi trafficanti in diversi modi, tramite l’intelligence e le indagini di polizia congiunte tra i Paesi di origine, di transito e di destinazione”, ha ribadito ancora la politica svedese. L’Ue non può “tralasciare completamente qualsiasi contatto con la guardia costiera libica, anche se i risultati dell’ultimo rapporto” dell’Unhcr sui legami tra le autorità libiche e i trafficanti “sono molto preoccupanti”.

Allarme Frontex martedì: “Non possiamo fare miracoli”

“È una situazione drammatica, disumana e molto pericolosa”. È il pensiero del direttore esecutivo di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, il generale olandese Hans Leijtens, dopo il naufragio a largo di Pylos. “Salvare vite umane è ovviamente la nostra priorità. Vorrei avere la forza di fermare le morti. Se potessi, lo farei domani. Ma non possiamo fare miracoli“, ha sottolineato in un’intervista alla Seuddeutsche Zeitung. “Stiamo monitorando un’area due volte più grande di Francia, Spagna e Italia messe insieme. È molto difficile aiutare chiunque si trovi in difficoltà. Perché la gente è disposta a correre grandi rischi. E, naturalmente, cercano di passare inosservati nella zona europea”, ha affermato Leijtens.

Il direttore esecutivo di Frontex ha poi ricostruito quanto avvenuto: “Martedì scorso, i miei colleghi hanno scoperto il peschereccio su cui presumibilmente 600 persone si stavano dirigendo verso la Grecia, probabilmente raggruppate in massa dai trafficanti. Abbiamo segnalato l’imbarcazione alle autorità locali, come è nostro dovere. È incredibilmente triste che sia affondata mercoledì e che ci sia stato un altro tragico incidente”. Il direttore esecutivo di Frontex ha commentato anche il naufragio di Cutro dello scorso febbraio, costato la vita ad almeno 180 persone. In questo caso “uno dei nostri aerei ha scoperto la nave, ha scattato immagini termiche e da queste si è potuto intuire che sotto coperta poteva esserci un gran numero di persone. Per questo motivo abbiamo informato le autorità nazionali italiane. Tuttavia, il mare era ancora calmo, la barca non era in pericolo”.

Leijtens poi chiama in causa gli aiuti delle Ong, bloccata dai governi locali: “Capisco le autorità che vogliono mettere ordine nel caos” ma gli aiuti da parte delle organizzazioni non governative sono “fondamentalmente buoni”, “ma un’azione di questo tipo richiede coordinamento”, ha affermato ancora Leijtens.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.