La crisi dei profughi
Neonata morta di freddo al confine tra Polonia e Bielorussia, la catastrofe umanitaria dei migranti alle porte della “Fortezza Europa”
È morto di freddo, aveva appena un anno, nella foresta al confine tra Bielorussa e Polonia. Dove da settimane sono assiepati, accalcate, a spingere per entrare in Europa, migliaia di migranti. La tragedia del neonato siriano è stata resa nota dal Centro Polacco per l’Aiuto Internazionale (Polish Emergency Medical Team). Dall’inizio della crisi che sta alzando la tensione, una catastrofe umanitaria, sull’Europa dell’Est e sull’Unione Europea, sono almeno undici i migranti morti secondo quanto riporta l’Ansa.it.
Il bambino era siriano. Si trovava da circa un mese e mezzo sul confine con i genitori, mamma a papà. “C’era un giovane che aveva forti dolori addominali, era affamato e disidratato. Poco più in là – si legge nella nota del Centro che ha raccolto il messaggio del team di medici inviati sul posto – una coppia siriana aveva bisogno di aiuto. L’uomo aveva una lesione al braccio e la donna una ferita da coltello nella gamba, il loro bambino di un anno era morto nella foresta”.
Le temperature nella regione in questo periodo dell’anno sono gelide. I migranti sono accalcati sulla frontiera, premono sul confine di filo spinato, colpiti dagli idranti che le forze polacche usano per respingerli. Arrivano dal Medio Oriente e dal Nord Africa. “Seguo le tragiche notizie dal confine tra Polonia e Bielorussia dove un bambino di un anno è stato trovato senza vita nella foresta. È straziante vedere un bambino morire di freddo alle porte d’Europa. Lo sfruttamento dei migranti e dei richiedenti asilo deve cessare, la disumanità deve cessare”, ha scritto su Twitter il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.
La notizia è arrivata nel corso della scorsa notte. È stato intanto sgomberato l’accampamento – erano circa duemila le persone accampate in tende improvvisate – alla frontiera tra il villaggio bielorusso di Bruzgi e quello polacco di Kuznica. I migranti sono stati trasferiti in una struttura ad alcune centinaia di metri di distanza. Un primo volo di rimpatrio della Iraqi Airways con 431 persone è partito per l’Iraq. Ha fatto scalo a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, e quindi è atterrato nella capitale Baghdad. Le autorità curdo-irachene hanno parlato di rientro su base volontaria. Da Minsk nelle scorse ore sono arrivati segnali di riapertura verso una de-escalation della crisi.
La cancelliera tedesca nei colloqui dei giorni scorsi con il Presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha insistito per i soccorsi e la “possibilità di ritorno delle persone colpite” in collaborazione con Nazioni Unite e Commissione Ue. Minsk ha fatto sapere che sarebbero circa settemila i migranti sul suo territorio. Il regime ha detto di voler negoziare “corridoi umanitari” per duemila persone e procedere al rimpatrio in Medio Oriente per il resto. Bruxelles promette di mantenere la linea e ha assicurato al più presto l’entrata in vigore del nuovo pacchetto di sanzioni concordato lunedì scorso al Consiglio Affari Esteri.
La tensione resta altissima: Varsavia ha comunicato l’arresto di un gruppo di un centinaio di migranti che l’altra notte aveva tentato l’attraversamento del confine. Il ministero della Difesa ha addossato le responsabilità alle forze bielorusse. Il Presidente della Russia Vladimir Putin ha puntato il dito contro l’Europa: “Non si può fare a meno di vedere che i Paesi occidentali stanno usando la crisi migratoria al confine tra Bielorussia e Polonia come un nuovo motivo di tensione in una regione vicina a noi, per fare pressione su Minsk”.
Per la crisi al confine Varsavia (secondo cui da agosto sono stati circa 17mila i tentativi di attraversamento del confine) ha dichiarato lo scorso 2 settembre lo stato di emergenza. Il provvedimento dovrebbe scadere il primo dicembre ma a ottobre il parlamento ha approvato una riforma del diritto d’asilo che consente il respingimento dei profughi. Una violazione del diritto internazionale. A inizio ottobre dodici Paesi dell’Ue (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia) hanno chiesto a Bruxelles fondi per finanziare la costruzione di muri sulle frontiere esterne. Una possibilità respinta dalla commissaria europea agli affari interni Ylva Johansson. L’Ue a deciso altre sanzioni contro la Bielorussia.
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