Niccolò Ghedini ci ha lasciati. No, non è così. Lui è ancora qui. Rimane la sua figura di avvocato, di giurista, di politico, di uomo.
Un avvocato che della difesa ha fatto una ragione di vita. Nessun atto del fascicolo, anche quello che appariva a prima vista ininfluente, veniva tralasciato. Ma il suo non era uno studio acritico, meramente mnemonico. L’acume e l’intelligente disamina delle questioni, sia processuali sia sostanziali, ne caratterizzava il profilo e lo stile.

Era un fine giurista in grado di elaborare, con la profonda preparazione in diritto unita a una cultura eclettica, complesse argomentazioni per sostenere le eccezioni che proponeva all’attenzione del giudicante. Era un politico che ha saputo, utilizzando la sua ricca esperienza di avvocato, trasmettere un valore aggiunto a chi l’ha conosciuto e apprezzato in Parlamento, anche se con idee e programmi politici diversi perché era profondamente convinto che un avvocato penalista non smette di essere tale sol perché eletto ma porta con sé e mai dimentica i valori e i principi del diritto penale liberale e del giusto processo.

Era da ultimo, ma non certo per ultimo, un uomo che non viveva di soli processi, come si potrebbe erroneamente immaginare. Dotato di un senso dell’umorismo fulminante, era capace di fare battute divertenti che strappavano risate spontanee. Aveva anche molteplici passioni come quella per le automobili, per l’arte, per la natura e gli animali, argomenti che insieme alla procedura penale ci hanno unito in questi trent’anni di lunghe e appassionate conversazioni. È e rimane un esempio, anche per le generazioni future, di impegno, di rigore, di dignità e correttezza. No, lui non ci ha lasciati.