Il 30 dicembre del 2019, nel pomeriggio, i carabinieri si sono presentati a casa di Nicoletta Dosio a Bussoleno in Valle Susa. Avevano il compito di tradurla in carcere in esecuzione della sentenza che l’ha condannata ad un anno di reclusione. Il procuratore generale di Torino che ha firmato l’ordine ha poi tenuto a precisare che a Nicoletta era stata data possibilità di ricorrere a misure alternative al carcere sin da novembre, quando la sentenza di condanna era diventata esecutiva, ma che essa le aveva rifiutate anche con pubbliche dichiarazioni. Insomma Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e latino, militante no Tav, e coordinatrice nazionale dì Potere al Popolo, aveva sfidato l’autorità e questa era stata costretta a reagire.

In qualche modo si accreditava così la tesi che quella della reclusa fosse una sorta di auto carcerazione: se l’è scelta lei. Eh no, alla base di tutto c’è una condanna assurda e feroce verso dodici militanti no Tav a complessivi diciotto anni di carcere, con pene individuali da uno a due anni. Per cosa? Perché ai primi di marzo del 2012 alcune centinaia di manifestanti in Valle Susa presidiarono per trenta minuti il casello dell’autostrada ad Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un megafono: oggi paga Monti. Si manifestava così perché pochi giorni prima, per ordine del governo, in Valle erano cominciate le requisizioni e gli sgomberi dei campi e dei boschi ove avrebbero dovuto installarsi i cantieri del Tav.

In una delle proteste non violente il contadino Luca Abbà era salito su un traliccio dell’alta tensione, inseguito da un carabiniere rocciatore verso l’alto; troppo in alto per cui alla fine Luca sfiorò un cavo dell’alta tensione rimanendo folgorato e precipitando al suolo. Il manifestante rimase molti giorni tra la vita e la morte e in quegli stessi giorni si susseguirono le manifestazioni di solidarietà. Una di queste fu appunto quella che ha poi portato alle condanne definitive attuali per Nicoletta Dosio ed altri undici militanti del movimento.  Nessuna violenza nei confronti delle cose e tanto meno delle persone ci fu in quel giorno. Il presidio dei caselli durò trenta minuti poi i manifestanti abbandonarono l’autostrada spontaneamente, senza alcun in intervento della polizia.

Durante quei minuti la società di gestione dell’autostrada registrò un danno documentato di mancati introiti pari a 700 euro. Questi settecento euro sono stati pagati con 18 anni di carcere, 38 euro per anno. Sembra di essere nei Miserabili di Hugo, dove Javert nel nome della legalità perseguita Jean Valjean, condannato inizialmente per il furto di un pezzo di pane. Una condanna così ingiusta e spropositata ha ragioni politiche, lo afferma testualmente la stessa sentenza che nega ogni attenuante ai condannati perché va “ tenuto conto del carattere altamente organizzato dell’azione delittuosa che dimostra il collegamento con l’ala più radicale violenta del movimento No Tav e di conseguenza la PERICOLOSITÀ SOCIALE dei prevenuti”.

La pericolosità sociale di Nicoletta Dosio la racconta tutta la sua vita di professoressa ancora conosciuta ed amata in tutta la Valle e di militante pacifista ambientalista e comunista da decenni.
È stata l’indignazione per questa condanna da Codice Rocco o da anni di Scelba a far decidere a Nicoletta di rifiutare le misure alternative, che poi sono pur sempre reclusione. Volete davvero condannare per quella manifestazione pacifica? Allora io non sarò la carceriera di me stessa. Una sentenza politica che va in giudicato dopo quasi otto anni dai fatti che sanziona, quasi con la stessa cadenza degli interminabili cantieri del Tav. Che sono stati avviati più di trent’anni fa e che si prevede durino altrettanto. Sessant’anni di autocarri, scavi , distruzione di campi e boschi, inquinamento di Co2 e di polveri nocive. Il tutto per realizzare un’opera nata sulla base di previsioni degli anni settanta, rivedute perché non vere venti anni dopo e poi riviste, riscritte cambiate. Un’opera inutile che non si giustifica più neppure per i profitti di chi la realizza, ma solo per le ragioni di bandiera e prestigio dei due partiti che più la sostengono, il Pd e la Lega.