L’Intelligenza Artificiale è spesso descritta come una rivoluzione in grado di trasformare l’economia globale, generare una crescita senza precedenti della produttività e ridurre le disuguaglianze. Ma, secondo l’economista Daron Acemoğlu, le aspettative riposte in questa tecnologia potrebbero essere eccessive. Attraverso un’analisi dettagliata e approfondita, mette in discussione le previsioni più ottimistiche, sostenendo che gli effetti macroeconomici dell’IA saranno molto più modesti di quanto generalmente previsto.

IA, gli studi sull’aumento del Pil

Molti studi hanno stimato che l’IA potrebbe aumentare il PIL globale del 7% nei prossimi dieci anni. Ma, applicando il teorema di Hulten, Acemoğlu arriva a conclusioni ben diverse. Secondo i suoi calcoli, l’impatto dell’IA sulla produttività totale dei fattori sarà compreso tra lo 0,53% e lo 0,66% nello stesso periodo, un valore nettamente inferiore rispetto alle attese. L’Intelligenza Artificiale genera produttività attraverso tre meccanismi: l’automazione; la complementarità delle attività; la creazione di nuove mansioni. Ma l’errore di molte previsioni è stato quello di concentrarsi esclusivamente sui compiti più semplici da automatizzare, ignorando il fatto che la maggior parte delle attività economiche coinvolge un alto grado di contestualizzazione e di intelligenza situata. Elementi che rendono l’automazione molto più difficile.

IA, come cambia (in negativo) la distribuzione del reddito

L’altro grande tema che emerge dall’analisi di Acemoğlu riguarda la distribuzione del reddito. Molti sperano che l’IA possa ridurre le disuguaglianze, aiutando i lavoratori meno qualificati a migliorare le proprie competenze e a ottenere salari più alti. Ma questa visione si scontra con un problema di fondo: se l’IA migliora la produttività dei lavoratori senza creare nuove opportunità per loro, i salari potrebbero non crescere affatto. In alcuni casi potrebbero addirittura diminuire, perché la maggiore efficienza porterebbe a una minore domanda di manodopera. Ciò che sembra certo è che il divario tra reddito da capitale e reddito da lavoro si allargherà ulteriormente. Come già accaduto con la robotica e l’automazione industriale, i principali beneficiari della rivoluzione dell’IA non saranno i lavoratori, ma i proprietari del capitale, e cioè le aziende e gli investitori che detengono il controllo delle nuove tecnologie. Il lavoro perderà peso nella distribuzione del reddito nazionale, e anche se l’Intelligenza Artificiale avrà un impatto più uniformemente distribuito tra i vari settori rispetto alle ondate di automazione precedenti, ciò non significa che ridurrà le disuguaglianze.

IA e le attività a valore sociale negativo

Un altro elemento critico sollevato dallo studio riguarda il valore delle nuove mansioni create dall’IA. Se da un lato è vero che alcune potrebbero aumentare la produttività, dall’altro si stanno sviluppando attività a valore sociale negativo, come gli algoritmi per la manipolazione online, la generazione di contenuti digitali dipendenti dall’IA e gli attacchi informatici automatizzati. Questi fenomeni potrebbero ridurre il benessere sociale, anche se formalmente contribuiscono alla crescita del PIL. Acemoğlu stima che, in uno scenario estremo, l’IA potrebbe portare a un aumento del PIL del 2%, ma al prezzo di una perdita di benessere dello 0,72%.