Il peso dei colossi digitali, il cambio di abitudini nel lettore, il giornalista che rimane un filtro, il ruolo dell’informazione locale ma anche il nodo del finanziamento al servizio pubblico. A 20 anni dalla Legge Gasparri, la Fondazione Italia Protagonista ha promosso nella Sala Koch del Senato un incontro per fare un bilancio. Maurizio Gasparri, Presidente del Gruppo di Forza Italia, in apertura ha posto il tema di “evitare il saccheggio” delle informazioni e rimpinguare i fondi all’editoria, rendendo, inoltre, più incisivo l’Agcom. Francesco Dini, Presidente categoria editori giornali quotidiani della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), ha iniziato con alcuni numeri del settore: “Si contano 618 milioni circa di tirature, delle quali solo 184 milioni appartengono ai ‘giornaloni’. Oltre questi ci sono i giornali locali, spesso con una presenza capillare”.

Il settore, secondo Dini, ha mostrato la sua fragilità fin dagli anni ’90, con perdite consistenti – con riduzioni anche del 50% del fatturato – dopo il Covid, anche se “con i siti e le edizioni digitali i giornali hanno i lettori dei decenni passati”. Dini ha ricordato “la centralità” nel fare opinione, che “non viene scalfita minimamente”. “Non ci sono state significative chiusure, ma siamo molto vicini al punto di rottura, senza un sostegno pubblico”. Fedele Confalonieri, Presidente di Mediaset, ha ricostruito il “molto difficile” percorso “per la legittimazione di Mediaset”, con l’intervento di Bettino Craxi, esattamente 40 anni fa. Poi la legge Mammì che “fotografò l’esistente”, quindi l’intervento di Maccanico e Prodi nel 1997, e infine la Legge Gasparri, prima rimandata al Parlamento da Ciampi. Confalonieri ha posto “la rilevanza della mediazione” di colui che “analizza, mette la firma su ciò che scrive e ne risponde in tutte le sedi”.

Urbano Cairo ha riconosciuto che la Legge Gasparri, sebbene oggi debba essere aggiornata, ha fotografato “il mondo della televisione” di allora con “un duopolio”, permettendo però lo sviluppo di altri poli”. Cairo ha rilevato “l’asimmetria regolagoria tra gli over the top e noi e le storture nell’applicazione della webtax”, ricordando l’importanza del fondo editoria di circa 140 milioni, perché altrimenti “cinque soggetti governeranno l’informazione”. Andrea Monti Riffeser, presidente della Fieg, ha posto l’accento sul fatto che “da vent’anni” le televisioni e le radio “vivono delle rassegne stampa”. Per l’editore di Nazione, Resto del Carlino e Il Giorno, l’editoria “non è finita, ma si è trasformata”. Monti Riffeser ha chiesto di aiutare la transizione “dal cartaceo al digitale” e ha chiesto di rinnovare l’impegno economico del governo.

“Una legge che ha provato a guardare in prospettiva”, ha riconosciuto l’Amministratore Delegato della Rai Giampaolo Rossi in merito alla Legge Gasparri. Rossi ha poi affrontato il nodo di questi giorni: “Il punto è garantire i fondi al servizio pubblico, che deve ottemperare a degli impegni. Il canone garantisce, tra l’altro, il pluralismo dell’informazione regionale”. “La Rai – ha scandito – non è un’azienda ma un hub industriale. Se la Rai riducesse l’impegno nell’audiovisivo ci sarebbero ripercussioni economiche, occupazionali e culturali”. Insomma, l’editoria ha ancora un peso e reclama un peso anche nelle scelte politiche. E di bilancio.

Lorenzo Somigli

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