La Procura di Pavia ha aperto un fascicolo per sequestro di persona a seguito della denuncia di Aya Biran: la donna è la zia di Eitan, il bambino di sei anni, unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone dello scorso maggio, che ieri non è tornato a casa a Pavia dopo essere stato per una giornata con il nonno materno Shmuel Peleg. L’uomo, 58enne, avrebbe portato con un volo privato il bambino in Israele. La notizia è stata confermata dai due legali che seguono la zia paterna Aya Biran, l’avvocato Armando Simbari, e la nuova protutrice di Eitan, l’avvocatessa Barbara Bertoni.

Il piccolo era da mesi in mezzo a un tira e molla tra i due rami della famiglia per l’affidamento. “Ieri è avvenuto un evento gravissimo, un’altra tragedia per Eitan” che, “come programmato, è stato preso dal nonno materno Shmuel per una giornata in compagnia dei nonni. Ha lasciato la casa solo con i suoi vestiti estivi, il girello e la carrozzina dicendo alle cugine ‘ci vediamo stasera’ e promettendo di comprare anche a loro un giocattolo. Eitan non è tornato mai a casa”. Queste le parole della donna ai giornalisti riuniti in un punto stampa.

Il piccolo sta meglio, dopo un lunga convalescenza, si sta riprendendo bene ma è seguito da un fisiatra e una fisioterapista e costantemente deve sottoporsi a delle visite, ha aggiunto la donna. Questa settimana ne avrebbe avute due, a Torino e a Pavia. Il piccolo domani avrebbe dovuto iniziare la prima elementare. Era stato iscritto alla scuola dai suoi genitori a gennaio 2020, nello stesso istituto dove aveva frequentato la scuola materna. Aya Biran non ha nascosto la sua preoccupazione: “Eitan è cittadino italiano, non solo israeliano. Pavia è la sua casa dove è cresciuto, noi lo aspettiamo a casa. Siamo molto preoccupati per la sua salute. Eitan è arrivato in Italia che aveva solo un anno e 18 giorni, ha vissuto tutta la sua vita in Italia”.

Altri aspetti preoccupano la donna: “Con questa mossa unilaterale e gravissima della famiglia Peleg, vedo come mio dovere sottolineare alle autorità Israeliane quanto già conosciuto al sistema giuridico italiano, sempre per il benessere di Eitan: il nonno materno Shmuel Peleg è stato condannato per maltrattamenti nei confronti della sua ex moglie, la nonna materna. Per questa condanna Shmuel ha presentato 3 istanze di appello a 3 gradi di giudizio in Israele e tutti e 3 hanno rigettato i suoi appelli, sottolineando la gravità e la ricorrenza degli eventi violenti nei confronti della ex moglie”. La donna ha quindi esortato le autorità israeliane a “guardare in profondità nelle cartelle cliniche pubbliche e non private per scoprire la verità sullo stato di salute mentale e fisico della zia materna, Gali Pelel Peri”.

Il Corriere della Sera scrive persino che Eitan Biran, lo zio di Eitan, avrebbe fatto o farebbe parte dei servizi segreti. Il blitz comunque è stato eclatante. La magistratura aveva affidato il bambino alla zia paterna e il giudice tutelare di Pavia permesso le visite dei familiari della famiglia materna. Il piccolo doveva rientrare verso le 18:30, ieri pomeriggio, un’ora dopo è scattato l’allarme. Gli accertamenti della Polizia hanno portato alla scoperta: lo zio era in possesso del passaporto e i due si erano imbarcati per Tel Aviv. Fonti diplomatiche hanno confermato lo sbarco. La zia ha anche sottolineato come Peleg avrebbe dovuto consegnare il passaporto del nipote come ordinato dal giudice, ma la richiesta è stata ignorata. La giudice avrebbe ordinato la consegna entro il 30 agosto 2021. Non è chiaro perché il nonno materno fosse in possesso del documento.

Gali Peleg, zia materna del piccolo, alla Radio israeliana 103, ha rassicurato sulle condizioni di salute del piccolo e dichiarato: “Siamo stati obbligati, non avevamo più saputo quali fossero le sue condizioni mentali e di salute. Potevamo solo vederlo per breve tempo. Ci hanno tenuto nascoste le sue condizioni di salute. Lo abbiamo riportato a casa, così come i genitori volevano per lui“. La donna ha aggiunto che il piccolo avrebbe urlato di emozione: “Finalmente sono in Israele”. E ancora: “A me il lato legale non interessa. Abbiamo agito per il bene del bambino. Noi non ci interessiamo della convenzione dell’Aja. Solo il bene di Eitan ci interessa. Cosa avremmo potuto mai dirgli se, da grande, ci avesse rinfacciato di non averlo riportato in Israele, o almeno di aver tentato?”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.