Sono stati condannati all’ergastolo i due americani Finnegan Lee Elder, l’accoltellatore materiale, e Gabriel Natale Hjorth per l’omicidio in concorso del vice brigadiere Mario Cerciello Rega ucciso con undici fendenti in via Pietro Cossa, nel quartiere Prati a Roma, nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019.

La sentenza di primo grado, pronunciata nell’aula bunker di Rebibbia, è arrivata alle 23.11 del 5 maggio, al termine di oltre 12 ore di camera di consiglio da parte della prima Corte d’Assise, presieduta da Marina Finiti, del tribunale di Roma. Rega, originario di Somma Vesuviana (Napoli), aveva 35 anni ed era sposato da poco più di un mese (43 giorni). Quella notte era intervenuto con il collega Andrea Varriale per recuperare uno zaino rubato dai due turisti californiani a un pusher, Sergio Brugiatelli.

In aula la moglie di Cerciello vestita di nero e con la foto del marito

Per entrambi la procura, attraverso il sostituto procuratore Maria Sabina Calabretta, aveva chiesto l’ergastolo senza la concessione di alcun attenuante. In aula presenti i familiari del militare dell’Arma anche la moglie Rosa Maria Esilio, vestita di nero e con una fotografia del marito poggiata sul tavolo. La donna è scoppiata in lacrime durante la lettura della sentenza. Presenti al momento della lettura della sentenza anche Andrea Varriale, il collega di Mario Cerciello, e Paolo Cerciello Rega, fratello e vedova di Mario.  Un processo durato oltre 50 udienze, in cui sono stati ascoltati periti, testimoni e gli stessi imputati.

Presenti in aula anche Ethan Elder, il padre Finnegan Lee, Fabrizio Natale, padre di Christian Gabriel, accompagnati dai legali, che hanno salutato i figli attraverso le sbarre. Il suo avvocato, Roberto Capra si era mostrato fiducioso: “Lo abbiamo visto oggi, ovviamente è in attesa. È una sentenza importante dopo un lungo processo che per noi è andato bene dal punto di vista dell’istruttoria, oggi bisogna fare l’ultimo passo”.

La difesa

I due americani hanno sempre sostenuto di aver aggredito Cerciello e Varriale (che erano in abiti civili e senza la pistola d’ordinanza) senza sapere che appartenessero alle forze dell’ordine e di averli scambiati per uomini mandati da Brugiatelli al quale avevano sottratto uno zaino per vendicarsi di essere stati imbrogliati da un pusher di sua fiducia che aveva ceduto loro tachipirina frantumata al posto di un grammo di ‘neve’. Brugiatelli aveva concordato con i due americani un appuntamento per farsi restituire lo zaino in cambio di 100 euro e un po’ di droga, ma a quell’incontro si presentano Cerciello e Varriale, che vengono brutalmente aggrediti. Il primo muore nel giro di 30 secondi dopo aver ricevuto undici coltellate, Varriale viene invece lievemente ferito. I due americani vengono individuati nel giro di 12 ore in un albergo a poca distanza dal luogo dell’omicidio.

La versione di Elder in udienza: “Si sono avventati improvvisamente su di noi senza dire una parola, senza qualificarsi. L’uomo più grande, era una montagna, mi ha buttato per terra e ha messo tutto il suo peso su di me. Ricordo le sue mani sul petto e poi sul mio collo con una pressione come se stesse cercando di soffocarmi mentre tentavo di divincolarmi. Ho provato panico e ho pensato volesse uccidermi. Quando ho sentito le sue mani sul collo istintivamente ho preso il coltello e l’ho colpito per togliermelo di dosso”.

La requisitoria

“Gravi sono i fatti e grave l’ingiustizia che è stata commessa ai danni di un carabiniere, un uomo buono” . Sono queste le dure parole utilizzate dalla pm Maria Sabina Calabretta, durante la requisitoria del processo per la morte del brigadiere ucciso a Roma nella notte del 26 luglio 2019.

Un uomo “che stava lavorando” è stato ucciso “da due giovani che volevano passare la serata divertendosi e per questo avevano cercato della cocaina”.”Mio compito è dimostrare che Mario Cerciello Rega è morto per mano di due assassini – ha spiegato la pm – e non deve succedere di ucciderlo un’altra volta”. “Non dimentichiamo che Cerciello non può più parlare di quello che è successo”, ha aggiunto Calabretta.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.