PQM
Omicidio Chiara Poggi, i sette motivi che hanno portato Alberto Stasi in Cassazione e poi alla condanna per 16 anni

La Procura Generale di Milano ricorse per cassazione contro la sentenza della Corte di Assise di Appello di Milano che il 6 dicembre 2011 confermò l’assoluzione di Alberto Stasi già pronunciata con formula piena dal Tribunale di Vigevano in primo grado. Il Procuratore Generale chiese l’annullamento della sentenza sulla base di sette motivi.
- PRIMO MOTIVO. Con il primo motivo il Procuratore lamentò un vizio di motivazione: la Corte di Assise di Appello, aderendo totalmente alle valutazioni del GUP di Vigevano, avrebbe errato nel valutare contraddittoria ed insufficiente la prova raccolta, svalutando alcuni elementi ritenuti dall’accusa decisivi (mancanza di segni di violenza sessuale, assenza di alibi in un dato momento temporale, efferatezza dell’azione, criticità dei rapporti con la vittima attestata dai video intimi della coppia nonché dalle deviazioni pornografiche di Stasi per come rinvenuto sul computer dell’imputato). La Corte avrebbe erroneamente ritenuto che tali elementi fossero sforniti di idoneo rilievo probatorio, e neppure avrebbe dato sufficiente forza dimostrativa ad ipotesi alternative come quella di un terzo sconosciuto o di un ladro occasionale.
- SECONDO MOTIVO. Con il secondo motivo il ricorrente denunciò il vizio di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza che, errando, non avrebbe ritenuto suffragata da adeguati elementi probatori l’ipotesi dell’incidente domestico: l’alternativa del terzo sconosciuto non spiegherebbe, secondo la Procura, la ferocia dell’aggressione consumata nei confronti della vittima e culminata nel sollevamento del corpo gettato lungo le scale della cantina.
- TERZO MOTIVO. Con il terzo motivo la Procura Generale si dolse del travisamento della prova costituita dalla relazione del 16 agosto 2007 dei Carabinieri che avrebbero dato conto delle dichiarazioni di Stasi nell’immediatezza dei fatti; dichiarazioni che li avrebbero indotti a ritenere che la donna avesse avuto un incidente domestico. Secondo l’Accusa, la Corte avrebbe errato nel non valutare questi elementi come significativi ai fini della responsabilità penale dell’imputato. Con conseguente vizio di motivazione della sentenza.
- QUARTO MOTIVO. Con il quarto motivo la Procura Generale sollevò un vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della Corte di Appello che avrebbe escluso la responsabilità dell’imputato anche in ragione della mancanza di evidenza di sangue e di DNA della vittima sulle suole delle scarpe di Stasi, ritenendo valida una perizia che, a dire della Procura, sarebbe in verità incompleta perché priva di alcune variabili.
- QUINTO MOTIVO. Riprendendo in parte le argomentazioni del quarto motivo, con il quinto motivo il ricorrente lamentò contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione perché la Corte non avrebbe ritenuto necessario ripetere la perizia estendendo la sperimentazione su alcuni gradini della scala su cui Stasi avrebbe affermato di essere disceso.
- SESTO MOTIVO. Con il sesto motivo il Procuratore denunciò il vizio di contraddittorietà e di manifesta illogicità della motivazione, posto che la Corte non avrebbe rinnovato la predetta perizia in ragione della ritenuta impossibilità di riprodurre la mappatura ematica sui gradini della scala che porta in cantina, mentre secondo il ricorrente ciò sarebbe stato possibile attraverso il ricorso alle fotografie del medico legale.
- SETTIMO MOTIVO. Con il settimo motivo la Pubblica Accusa riprese il tema della perizia per censurare ancora una volta la motivazione della sentenza di appello: la rinnovazione della perizia si imponeva come necessaria, secondo la Procura, in una doverosa prospettiva di ricontrollo e verifica degli orari delle fotografie sulla base delle quali si era ritenuto completato da parte dei periti il procedimento di essiccamento delle microtracce di sangue al momento dell’affermato ingresso di Stasi nell’abitazione.
La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, il 18 aprile 2013 annullò la sentenza di assoluzione e rinviò ad altra sezione della Corte di Assise di Appello; quest’ultimo giudizio si concluse, come detto, con la condanna dell’imputato. Oggi la vicenda giudiziaria di Garlasco si sarebbe invece arrestata dinanzi al ragionevole dubbio espresso da due giudici di merito. Alberto Stasi, oggi, sarebbe innocente.
© Riproduzione riservata