In più di due anni di pandemia gli italiani hanno imparato molte cose sul Covid e la diffusione dei virus. Ma ci sono certi aspetti nuovi che non smettono di sorprendere. Molti si aspettavano, ad esempio, che con l’arrivo dell’estate il covid nella forma della sua nuova variante predominante, Omicron 5, avrebbe arrestato la sua corsa al contagio. Invece no: I dati del monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità rivela che è ancora in aumento indice di trasmissibilità e incidenza dei casi Covid: nel periodo 7-20 giugno, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1,30 (range 1,06-1,56), in aumento rispetto all’1,07 della settimana precedente ed oltre la soglia epidemica. Balzo dell’incidenza settimanale a livello nazionale: 763 ogni 100.000 abitanti per il periodo 24-30 giugno contro il precedente dato di 504 ogni 100mila (17-23 giugno).

Il tasso di occupazione in terapia Intensiva sale al 2,6% (rilevazione al 30 giugno) contro il 2,2% rilevato il 23 giugno e nelle aree mediche al 10,3% rispetto al 7,9%. La percentuale dei casi di Covid-19 rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti risulta stabile al 9%, ovvero alla medesima percentuale registrata la scorsa settimana. Sostanzialmente stabile anche la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (44% vs 45%), come anche la percentuale dei casi diagnosticati attraverso attività di screening (47% vs 47%).

Otto regioni a rischio alto e emergenza ricoveri in Calabria, Sicilia, Umbria e Val d’Aosta

Nessuna Regione e Provincia Autonoma (PA) è classificata a rischio basso anche questa settimana. Tredici Regioni/PA sono a rischio moderato, mentre scendono da 9 a 8 le Regioni/PA classificate a rischio alto per la presenza di molteplici allerte di resilienza; tre di queste sono ad alta probabilità di progressione. Venti Regioni/PA riportano almeno una singola allerta di resilienza; 8 Regioni/PA riportano molteplici allerte di resilienza.

L’incidenza dei casi di Covid sale sopra 700 per 100mila abitanti in 13 regioni (8 la scorsa settimana), con i valori più alti (oltre 900) nel Lazio, in Sardegna e Veneto: Abruzzo (870,4), Campania (872,1), E-R (772,9), FVG (762,4), Lazio (929,6), Marche (744,1), Molise (727,4), Puglia (788,4), Sardegna (922,7), Sicilia (772,6), Toscana (716,3), Umbria (898,7), Veneto (927,3). Rispetto all’occupazione dei reparti sono 4 le Regioni sopra soglia del 15%: Calabria, Sicilia, Umbria e Val d’Aosta. Il dato nazionale è al 10,3%.

Perché Omicron si diffonde così tanto con il caldo

Omicron 5 ha dimostrato di essere una variante del Covid di grande contagiosità. “Contro quella caratteristica non può fare molto l’estate, cioè il periodo caldo nel quale si vive di più all’aperto”, chiarisce Fabrizio Pregliasco, epidemiologo di Milano, intervistato da Repubblica: “Il virus Wuhan aveva un Rt di 2, la Delta di 7 e questa di 15-17, come morbillo e varicella”. Il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, fa notare come la grande contagiosità sia dimostrata anche dalla capacità di colpire chi è già stato contagiato. “Oggi abbiamo percentuali di reinfezioni all’8,4%, ricordo che nel periodo in cui circolava Delta eravamo al 2%”. Inoltre, dice sempre Locatelli “osserviamo un incremento virale per il venir meno delle misure di protezione”.

Quanto durerà la nuova ondata di Omicron 5?

Anche qui l’esperienza ha insegnato agli italiani a guardare l’esperienza degli altri paesi per capire l’andamento delle ondate. Il Portogallo è uno dei primi paesi ad essere stata colpita dalla variante: la curva dei contagi è risalita e poi scesa in 2 mesi. In Italia i contagi sono aumentati vertiginosamente dall’inizio di giugno quindi ci si aspetta che per la fine di luglio il numero di casi torni basso. “Stabilire quanto durerà non è facile, ma certo non è un’ondata che sarà fermata dal caldo e in estate continueremo ad avere tanti casi”, dice Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società di malattie infettive. Ci sono Paesi, come il Regno Unito, dove non ci sono segnali di una nuova ondata legata alla diffusione di Omicron 5, e altri, come la Germania, che sono praticamente nella stessa situazione dell’Italia.

Quali sono i sintomi più comuni di Omicron 5?

A differenza delle altre varianti, Omicron 5 sembra essere contraddistinta inequivocabilmente da un forte mal di gola. In molti hanno anche la febbre, in alcuni casi molto alta, superiore ai 38. Poi ci sono i dolori muscolari e articolari, oltre alla debolezza, cioè sintomi che invece sono tipici delle forme virali e anche delle molte varianti del Covid. È più raro che si presentino il mal di testa e anche la tosse mentre qualche paziente lamenta un forte raffreddore. Tra i sintomi più diffusi è scomparsa la perdita del gusto e dell’olfatto, che invece con altre varianti, come ad esempio la Delta.

Omicron 5 meno grave delle altre varianti

Rispetto alle altre varianti Omicron 5 sembra essere meno grave nei suoi sintomi. Gli esperti spiegano che questo succede perché il virus e cambiato e ora aggredisce maggiormente le vie aeree superiori e non scende nei polmoni. Questo è il motivo per cui il numero delle polmoniti si è ridotto e i casi sono meno complessi. Resta il problema delle persone fragili, cioè di chi soffre di patologie croniche e degli anziani, che possono ancora sviluppare forme gravi.

Quanto tempo dura la positività a Omicron 5?

“Sembra che l’infezione duri un po’ meno – dice Mauro Pistello di Pisa – Ci sono persone che diventano negative dopo 7 giorni. Con altre varianti, ma anche con Omicron 1 e 2 potevano volerci anche due settimane. Ovviamente bisogna tenere sempre presente che possono esserci le eccezioni. Il coronavirus è cambiato e si avvicina a quelli che già conoscevamo prima che arrivasse da Wuhan il Sars-Cov2″. La durata dell’infezione non è un particolare che interessa solo coloro che vengono colpiti e vogliono tornare a uscire. “Questa riduzione dei tempi – dice Pistello – fa pensare a un percorso verso l’endemizzazione. Cioè a una malattia che si ripresenta nel tempo, come fa l’influenza”.

La sottostima dei numeri del contagio nei tamponi fai da te

I positivi sono almeno il triplo o il quadruplo di quelli ufficiali“, dice ancora Pistello. Anche secondo Locatelli “c’è una chiara sottostima del numero dei nuovi casi, molti non vengono riportati perché fanno tamponi a domicilio”. Oltre ai tanti asintomatici, che ci sono sempre stati, tante persone decidono di non segnalare la malattia che gran parte dei casi non è grave, magari per non rispettare gli obblighi dell’isolamento. Chi invece ha bisogno, ad esempio per lavoro, di un test ufficiale si reca in farmacia, dal medico o alla Asl. Proprio perché a fare gli esami sono persone spesso già risultate positive a casa, la percentuale di quelli che rilevano il virus è altissima, in certe regioni al 30%.

Avatar photo

Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.