Hanno una maschera sul viso che li rende diabolici più che irriconoscibili, i poliziotti mandati da Trump in California per arrestare i clandestini di notte irrompendo nelle loro case. Lo fanno senza aver bisogno di carte giudiziarie perché i clandestini non hanno identità e possono essere catturati a vista, senza preavviso né atto giudiziario. Le foto distribuite dalle agenzie sono agghiaccianti: uomini strappati dalle loro famiglie e che vengono ammanettati con i bianchi braccialetti, così pratici senza chiave né lucchetti. E la gente si sdegna e tutti trovano questo un comportamento inutilmente provocatorio. Ma dai sondaggi risulta che malgrado lo sdegno per la brutalità la maggioranza, anche di sinistra compreso lo stesso governatore Newsom, sono favorevoli alla eliminazione delle sacche da cui scaturiscono i “riots”, ma lo vogliono fare a modo loro, con le loro forze di polizia, senza la Guardia Nazionale e senza i 700 marines.

Sono quindi in strada sia gli agenti a cavallo con scudo ed elmetto che caricano i ribelli a manganellate – della polizia legale di Newsom e non le forze armate spedite da Trump- e poi l’esercito federale che nessuno ha chiesto e che invece agisce autonomamente. La California reagisce facendo causa a Trump ha accusato dell’uso illegale delle forze militari per rispondere alle proteste contro i raid delle immigrazioni a Los Angeles, col fallimentare risultato di non tenere alcun raffreddamento delle manifestazioni. Così la Polizia di Stato fa largo uso di petardi assordanti e pallottole di gomma finché arriva l’ora del coprifuoco che fa sparire tutti tranne quelli radunate in Koreatown.

Il governatore Gavin Newsom cerca di dimostrare di essere perfettamente attrezzato per fronteggiare le rivolte senza chiedere aiuto a Trump che ha definito “un bugiardo con la faccia di bronzo” sapendo che quella è l’unica strada possibile per mantenere una posizione politica con cui pavimentare la lunga strada per la Casa Bianca del 2028 mentre su quella stessa strada e fanno irruzione 5000 uomini della National Guard e i settecento Marines, che da truppa combattente si ritrova svolgere ruoli polizieschi. L’accusa che Gavin Newton porta davanti al giudice il nome dello Stato della California è quella di abuso di potere senza precedenti. La ribellione legale usata dal governatore oltre a quella dagli insorti, ho già portato questa crisi al livello delle altre precedenti il nome del “Black lives matter” perché le organizzazioni nere ci sono già saldate con quelle dei latinos.

La battaglia si sta svolgendo su due piani uno politico e uno un determinato dalle provocazioni che spesso vengono attribuite agli agenti provocatori dello stesso Trump. Ieri il dipartimento di polizia di Seattle ha dichiarato che nove persone sono state arrestate dopo la più pacifica marcia da Cal Anderson Park verso il centro. I poliziotti si mantenevano a distanza e tutto procedeva in modo pacifico finché dei provocatori hanno dato fuoco ai cassonetti. La polizia allora si è avvicinata e dalla prima fila dei dimostranti è partita una raffica di sassi, bottiglie, pezzi di cemento e fragorosi petardi contro gli agenti, di cui nessuno è stato ferito. I numerosi leader delle associazioni pacifiste hanno dichiarato che il vistoso e inutile schieramento imposto da Trump aveva il solo scopo di produrre una escalation per intimidire gli avversari e dissuaderli dall’esercizio dei diritti garantiti dal primo emendamento, la libertà di esprimere opinioni senza doversi trovare contro uno schieramento di polizia.

La linea di Trump sembra quella dell’esagerazione e della provocazione nella fase che apre la campagna per le elezioni di mezzo termine. Il presidente vuole dimostrare che negli Stati guidati dai democratici i governatori, come quello della California Newsom, sono inetti e inutili. Secondo la Costituzione ogni Stato è autonomo nel far rispettare la legalità ma può, in caso di necessità chiedere aiuto alla Casa Bianca. Ma Newsom non ha mai chiesto a Trump che le sue truppe si sostituiscano ai corpi di polizia delle metropoli e dello Stato, e si direbbe che Trump abbia fatto tesoro della tradizione russa di inviare “fraterni aiuti” a chi non ne ha assolutamente bisogno.

Il punto è politico: Newsom è emerso come il primo leader democratico capace di sfidare Trump nel 2028 e ha quindi assunto l’atteggiamento del centrista moderato, negando alcuna simpatia per gli insorgenti. Ma l’attuale inquilino della Casa Bianca è scaltro e sa che deve uccidere nella culla il neonato avversario esistenziale. Riuscirà Trump a disarticolare la sinistra “liberal” che parte dalla California, oppure sarà la sinistra moderata di Gavin Newsom a infliggere il primo colpo a Trump? D’estate l’America avvampa di focolai insurrezionali e razziali e prima o poi ci sarà una resa dei conti fra le due Americhe che sono in stato di guerra civile dichiarata.

Il governatore della California sta aggregando una coalizione di città e Stati che intendono resistere alla Casa Bianca ma stando bene attenti a non schierarsi con gli insorgenti sia Los Angeles come New York, San Francisco, Chicago che cercano lo scontro con la polizia e sono per questo rifiutati dall’America liberale. Ma la mossa trumpiana di andare a scovare ed arrestare tutti i clandestini ha indotto la sindaca democratica di Los Angeles, Karen Bass, ad imporre il coprifuoco nelle zone più calde e facendo arrestare una trentina di persone in strada fuori orario. Nell’intero Paese la crociata della White House contro tutti gli illegali compresi coloro che vivono clandestinamente senza commettere reati, trova consenso anche a sinistra. Ed è un dato di fatto che il numero dei crimini sia precipitato e che la politica del pugno di ferro di Trump non sia per nulla diversa da quella dei suoi predecessori democratici Bill Clinton, Barack Obama, Joe Biden. La prospettiva è quella di una unica Chicago estiva perché ogni anno nella capitale dell’Illinois, esplodono conflitti anche fra neri e aumenta l’uso di armi non registrate. E Chicago già dà segni di nervosismo.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.