Più che i numeri e i bollettini, a dare la misura del dramma che stava vivendo la città di Bergamo furono le immagini viste il 18 marzo. Quella sera un convoglio militare si recò presso il cimitero Monumentale che non riusciva più a far fronte all’emergenza. Una sessantina di cadaveri, vittime del coronavirus, vennero così trasferiti altrove, anche fuori dalla Regione. Quelle immagini fecero il giro del mondo e si sarebbero ripetute anche nei giorni successivi. Bergamo, che si trova in quella Lombardia che è stata la regione più colpita dal Covid-19, è stata per molti giorni l’area più critica dell’emergenza.

Oltre un mese dopo quelle scene drammatiche arriva il racconto di uno degli autisti che furono incaricati di compiere quell’operazione, “anche se sono cosciente di non rendere l’idea”. Tomaso Chessa si trovava alla guida di uno di quei mezzi militari trasformatisi in carri funebri. Il suo pensiero lo ha voluto condividere sui social alla vigilia della Fase 2. “E stasera termina la fase uno …
che dire? – ha esordito Chessa – forse la gente non si rende conto, non ha materialmente avuto il tempo di percepire la realtà”.

“Essere alla guida di un camion – continua – una giornata qualunque dove il pensiero ti porta oltre la tua quotidianità. Tu guidi, scambi due chiacchiere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando, per forza di cose, per un istante il silenzio rompe tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro. Realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette … cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio … e si …. l’ultimo … ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può … tocca a te … ed è li che senti addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro. Ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti”.


“Poi arrivi lì, alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare ‘il tuo carico’, oramai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore. Ed è li che cerchi di capire l’identità del tuo compagno di viaggio … cosa difficilissima. Delle otto persone che personalmente ho accompagnato, l’unico dei quali sono riuscito a risalite alla sua identità è il Signor Guerra classe 1938. Pagherei oro per conoscere tutti i parenti delle otto persone e potergli dire che nonostante il contesto non avrebbero potuto fare un viaggio migliore …”

Il militare chiosa con un appello affinché non si sottovaluti l’emergenza :”Facile dire: qua non siamo a Bergamo … Bene, abbiate la coscienza ed il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicure, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo … Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni del loro ultimo viaggio, ma se cosi non fosse sappiano che c’ho messo l’anima!

Sono stati 80.089 i casi di positivi al coronavirus in Lombardia, 14.745 i morti.

 

Redazione

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