Il parere
Perché il Piano Mattei non è una scatola vuota: serve per contrastare potenze come Russia e Cina che dominano in Africa
Nelle giornate del 9 e del 10 gennaio si è discussa – e poi approvata – la Conversione in legge del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il Piano Mattei per lo sviluppo in Stati del Continente africano. Come si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge, il Piano persegue la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Paesi africani, mediante la promozione di uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza. Da quanto emerso in Aula – e nel dibattito pubblico – due sono le principali critiche mosse verso tali disposizioni. Mentre la prima contesta la necessità e l’urgenza del provvedimento, la seconda paragona il decreto – ora legge dello Stato – ad un “bluff” accusandolo di costruire, nella sostanza, un assegno in bianco, una scatola vuota. Partendo da quest’ultima, è sufficiente ripercorrere velocemente i sette articoli che componevano il decreto per convincersi che le disposizioni declinino in modo concreto e puntuale la proiezione non predatoria, ma virtuosa di questo governo verso il Continente africano.
Non una scatola vuota, quello che si è definito è l’istituzione di uno strumento con un preciso indirizzo politico (art.1); con una struttura che garantisce la trasparenza e l’accertamento delle responsabilità (art.2); a cui si demanda chiari e circoscritti compiti (art.3); coadiuvata da un ulteriore organo collegiale (art.4); con budget e durata stabiliti (art.6); pienamente inserita nel quadro costituzionale e saldata ai lavori paralleli delle Camere (art.5). Per quanto attiene, invece, alla prima critica mossa alle disposizioni che ne contesta l’urgenza e la necessità, è utile ricordare come il Piano Mattei si muova da necessità e urgenze dettate non solo dalla pressione migratoria che incombe sul nostro paese e sull’Europa, ma anche – e soprattutto – dal mutamento degli equilibri geopolitici del sistema internazionale.
Da una parte, quindi, il piano Mattei mira a definire un nuovo modello di coordinamento delle forze e di collaborazione con le nazioni e i popoli africani. Esso mira a restituire loro il diritto a non emigrare, contribuendo concretamente a rimuovere le cause che portano persone, soprattutto giovani e giovanissimi, ad abbandonare la propria terra, la propria patria e la propria famiglia con la speranza di trovare in Europa una vita migliore, che spesso fatica a materializzarsi. Per quanto riguarda la nuova centralità strategica del continente africano nel mutato contesto geopolitico, basti pensare all’interesse mostrato verso di esso dalle principali potenze mondiali. Gli Stati africani sono nel mirino delle due principali potenze antagoniste del sistema internazionale liberale e democratico: la Russia e la Cina. Da una parte la presenza capillare del gruppo mercenario Wagner, dall’altra la penetrazione politico-economica della Repubblica Popolare tramite, tra gli altri, la Belt and Road Initiative. L’Africa è sempre più terreno di competizione. Oggi gli stati africani sono preda di potenze autoritarie che vedono il continente come mero oggetto d’interessi economici e di approvvigionamento. In tal senso, necessario e urgente diviene un intervento che riesca a sottrarre l’Africa dall’influenza di queste potenze illiberali.
Grazie al ritrovato dinamismo nello scacchiere globale, declinato nel pieno rispetto del diritto internazionale – e dei principi ispiratori di esso – l’Italia è al centro dei principali strumenti internazionali di cooperazione multilaterale. Ed è per questo che, a tali politiche predatorie il nostro Paese contrappone l’azione di una diplomazia basata sull’armonia degli intenti e la complementarità dei fini. Il Piano Mattei perimetra l’azione italiana e definisce un framework condiviso tra il nostro paese, gli Stati e i popoli africani. La logica è quella di un partenariato paritario in ambito non solo economico, ma anche culturale e sociale. L’intento è quello di marcare il “cambio di passo” attuato da questo governo e di adattare al contesto della “globalizzazione competitiva” il programma di Mattei. D’altro canto, il nuovo modello di cooperazione italiano ha più volte dato prova della sua resilienza e robustezza – basti pensare come le recenti tensioni in Medio Oriente non abbiano modificato in alcun modo il rapporto con l’Algeria. In conclusione, alla fine di gennaio si terrà la Conferenza Italia-Africa, alla quale il nostro paese si presenta non solo come settimo contributore delle Nazioni Unite, ma anche con la presidenza del G7. Tale forum rappresenterà un’occasione di primaria importanza nella condivisione e nella individuazione, definizione e attuazione degli interventi del Piano con i paesi africani interessati, ribadendo l’impegno compartecipato alla stabilità e alla sicurezza regionali e globali.
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