Alle prime luci del mattino dell’8 ottobre le fiamme hanno distrutto il Ponte Kerch. Un ponte imponente, lungo 19 chilometri e unico collegamento diretto tra la Crimea e Russia. Già questo basta per ritenere il ponte un punto non solo strategico ma anche simbolico. Non è chiaro cosa sia successo, ma come avviene dall’inizio della guerra in Ucraina si rincorrono le voci da entrambe le parti del conflitto.

Per Mosca si tratta di “un attentato terroristico con un camion bomba”. Il capo dell’Assemblea di Crimea Vladimir Konstantinov ha definito l’accaduto come un colpo di stato da parte di “teppisti ucraini”. E Putin ha disposto l’avvio di un’indagine governativa per risalire all’origine di quanto accaduto. Dall’altra parte gli ucraini non hanno rivendicato chiaramente la paternità dell’attacco ma una serie di tweet non danno troppo spazio all’immaginazione. Il consigliere del presidente Zelensky Mykhaylo Podoliak ha pubblicato su Twitter un messaggio che ha l’aria di una rivendicazione. “Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve essere restituito all’Ucraina, tutto ciò che appartiene all’occupazione russa deve essere espulso”, ha scritto Podolyak. E il tweet, commenta il Guardian, “sembra suggerire la responsabilità di Kiev”.

A questo si aggiunge Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, posta su Twitter l’immagine del ponte di Crimea colpito e quella di Marilyn Monroe che intona “Buon compleanno” al presidente Kennedy. Come a dire: il nostro regalo a Putin, per i 70 anni compiuti ieri. Dalle immagini diffuse sui social si vede una violentissima esplosione dal lato di una delle due vie di marcia. Una delle carreggiate è collassata e anche la ferrovia che passa sul ponte è stata danneggiata. Le fiamme hanno avvolto un treno cisterna che trasporta serbatoi di carburante.

Proprio quel ponte in passato è stato un simbolo della propaganda di Putin. Costato intorno ai tre miliardi di dollari, coi suoi 19 km è il più lungo d’Europa. È stato progettato nel 2015 dopo l’annessione della Crimea, la penisola che Krusciov cedette all’Ucraina nel 1954 e che Putin si è ripreso con la forza inviando le sue truppe nel 2014 nel conflitto seguito alle proteste di Euromaidan. Il presidente russo lo ha inaugurato in persona nel 2018 dichiarando che era la prova più evidente che la penisola era e sarebbe rimasta territorio della Federazione. Quel ponte era l’unico modo per raggiungere la Crimea dalla Russia.

Dallo scoppio della guerra è diventato un punto strategico fondamentale per i russi: era quella la via di accesso per rifornimenti di carburante, le munizioni e le armi che poi vengono distribuite su tutto il fronte di Kherson, che, altrimenti, dovrebbero essere trasportate molto più lentamente con i traghetti lungo lo stretto di Taman. In autunno, tra l’altro, viste le condizioni dei venti la via marina diventa proibitiva. Per i russi è fondamentale riaprire al più presto quel ponte.

Anche per questo per gli ucraini si tratta di una vittoria importante. Ruslan Stefanchuk, il portavoce del Parlamento di Kiev ha scritto su Twitter: “La Crimea è Ucraina, tutte le strade artificiali e i ponti che rappresentano un cordone ombelicale (con la Russia, ndr) non resisteranno”. L’ex presidente Petro Poroshenko: “Russi, cosa sta accadendo alle vostre facce? Il ponte illustra bene cosa accadrà a tutti i tentativi di prendervi la nostra terra”. Una fonte governativa ha confermato al quotidiano online Ukrainska Pravda che l’attacco è frutto di una operazione speciale dello Sbu, i servizi segreti ucraini.

La Russia ha subito attivato una commissione di emergenza per capire cosa sia successo e ripristinare il ponte. Intanto riprenderà a utilizzare i traghetti per i rifornimenti. Ma si può ipotizzare presto una reazione considerato che Mosca considera la Crimea una linea inviolabile. Dopo le quattro annessioni farsa di fine settembre, anche le occupate Kherson, Zaporizhizhia, Lugansk e Donetsk sono entrate a far parte della Russia con un procedimento amministrativo che la comunità internazionale non ha riconosciuto. “Questa non è solo una sfida, è una dichiarazione di guerra senza più regole”, commenta il deputato della Duma Oleg Morozov.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.