Era stato circondato negli ultimi giorni dall’incoraggiamento delle potenze amiche a chiudere quest’obbrobrio della fallita spedizione in Ucraina. Ma lui, Vladimir Vladimirovic Putin, ha spiazzato e frustrato sia il mondo amico dei cinesi e degli indiani, sia quello occidentale, annunciando la più brutale decisione che è sempre stata un annuncio di guerra; la mobilitazione, per ora parziale, richiamando alle armi i riservisti, tutti coloro che hanno fatto il servizio militare e quelli che hanno “speciali competenze”. E poi ha chiarito per l’ennesima volta di non avere alcuna difficoltà (morale) a usare armi atomiche, attitudine che lui scarica sul preteso “ricatto atomico” degli occidentali e del presidente Joe Biden, che lo ha pubblicamente avvertito che l’uso di armi nucleari – sia pure di quelle cosiddette “tattiche” (cioè relativamente piccole fino alla potenza di quella americana su Hiroshima) – sarebbe stato considerato dagli Stati Uniti come una gravissima violazione delle leggi internazionali e dunque avrebbe prodotto inevitabili conseguenze militari.

Putin tutto ciò lo sapeva benissimo e anzi lo ha accuratamente provocato, malgrado l’aperto parere contrario della Cina, dell’India e degli altri partner del vertice di Samarcanda che si è svolto mentre l’armata russa si disfaceva di fronte alla controffensiva ucraina. Sia il presidente XI Jinping che il premier indiano e poi tutti gli altri membri della coalizione antioccidentale, gli avevano chiesto assicurazioni sulla fine immediata della guerra in Ucraina che pone specialmente la Cina in una posizione molto scomoda con gli Stati Uniti a causa dell’attrito per Taiwan che minaccia le esportazioni cinesi in Usa che sono vitali per l’economia di Pechino. E poi c’era stato l’infaticabile premier turco Erdogan, l’unico in grado di muoversi fra i due campi con un ruolo di mediatore ma anche di protagonista, che aveva diffuso la lieta novella: Putin è pronto a trattare. Anche fonti ucraine hanno confermato un nuovo round di contatti riservati con i russi pronti a discutere. A questo punto tutte le diplomazie del mondo hanno cautamente esultato adottando la comune parola d’ordine: aiutare Putin a compiere il necessario passo dell’apertura di trattative per poter trovare una via d’uscita con un accordo sul Donbass e le due repubbliche autoproclamate, dal 2014 occupate da distaccamenti militari russi senza mostrine né insegne.

Invece, con frustrazione e amarezza di tutto il mondo che si riconosce nei valori universali delle Nazioni Unite, Putin ha avviato il dispositivo che probabilmente porterà alla terza guerra mondiale con perdite imprevedibili fino all’olocausto dell’intera umanità. Il piccolo zar ha così organizzato le sue mosse: referendum illegali e insignificanti nelle zone militarmente occupate dai russi e che hanno trovato una imprevista resistenza proprio da parte delle popolazioni di lingua russa che combattono strenuamente sotto la bandiera ucraina contro gli invasori. Dopo aver ottenuto per amore o per forza la vittoria del sì al referendum, Putin dichiarerà illegalmente quelle terre ucraine come parte integrante della Federazione russa e di conseguenza tratterà qualsiasi azione militare ucraina come aggressione alla Russia, determinando lo stato di guerra finora non dichiarata e l’uso conseguente di “ogni arma” disponibile e in particolare quelle atomiche. Poiché tutti gli esperti militari non solo occidentali sostengono che per i russi sarebbe estremamente pericoloso usare atomiche tattiche sul territorio ucraino perché non sarebbero in grado di distruggere l’armata ucraina che da tempo ha adottato la tattica di sparpagliarsi senza diventare un obiettivo, i russi dovrebbero ricorrere al bombardamento atomico sulle città ma un atto del genere non porterebbe vantaggi militari e sommergerebbe nella vergogna la Federazione Russa anche di fronte alla Cina e avvierebbe certamente contromisure americane, inglesi ed europee.

Dì conseguenza Putin ha mostrato la carta che vuole giocare: l’uso delle armi strategiche e cioè i missili supersonici in grado di colpire ogni Paese occidentale. È un bluff? E se lo è, Usa e Regno Unito decideranno di andare a vederlo mettendo mano al loro arsenale nucleare, o cederanno? Putin sta evidentemente agendo a favore soltanto della propria sopravvivenza politica perché dopo la disfatta sul terreno si sente assediato dai suoi falchi che lo ritengono responsabile di una politica avventurista e malcalcolata che ha isolato la Russia dal mondo occidentale, suo fornitore di tecnologia indispensabile. La Cina per ora sta a guardare preoccupata e offrendo soltanto un sostegno di propaganda per ora senza intenzione di combattere una guerra per Putin. Il mondo è di nuovo col fiato sospeso come lo fu nel settembre del 1939, quando la Germania invase la Polonia e le democrazie stanche di guerre furono costrette, dopo aver incassato il disonore delle inutili trattative e concessioni, a prendere atto dello stato di guerra. La storia di ripete e non in forma di farsa ma di genocidio per megalomania.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.