Da mito mondiale dello sport, l’”uomo più veloce del mondo senza gambe”, in pochi giorni si trasformò in assassino. Era il 14 febbraio 2013 quando Oscar Pistorius esplose quattro colpi di pistola nella sua casa a Pretoria uccidendo la sua fidanzata, la modella ventinovenne Reeva Steenkamp. Reo confesso, sostenne di aver sparato alla ragazza, scambiandola per un intruso, quattro colpi di pistola attraverso la porta del bagno chiusa, nella casa dove i due convivevano. Ma la vicenda è rimasta oscura in alcuni punti, e non convinse la giuria che ipotizzò che tutto fosse partito per una scenata di gelosia. Così quel mito che “correva senza gambe”, che ha battuto tutti i record rimasti insuperati con le sue gambe di metallo, è stato condannato a 13 anni e 5 mesi per omicidio volontario. Su di lui era sceso il sipario. A fine mese Pistorius potrebbe uscire dal carcere in libertà vigilata.

Gli avevano tagliato le gambe quando aveva 11 mesi, ma aveva vinto la sua battaglia diventando detentore dei record mondiali sui 100, 200 e 400 metri piani. È stato il decimo atleta a competere sia alle Olimpiadi che alle Paralimpiadi, ma il primo capace di vincere una medaglia in una competizione iridata per normodotati, ottenendo l’argento con la staffetta 4×400 metri sudafricana ai Mondiali di Taegu 2011, correndo solo in batteria. Questo record rimane, al 2021, suo appannaggio esclusivo. Ai Giochi di Londra 2012 era stato il più applaudito dallo stadio perché finalmente aveva vinto la sua battaglia: poter correre con gli altri, sentirsi uguale ai normodotati, anche con il corpo dimezzato.

La drammatica vicenda lo ha cambiato e soprattutto il carcere. A raccontarlo a Repubblica è Peet Van Zyl, il suo manager che non lo ha mai abbandonato nemmeno durante gli anni della prigione. Racconta di un uomo molto cambiato soprattutto fisicamente. Non è più il bell’atleta che il mondo ha incoronato come eroe. “Gli sono caduti i capelli, è molto stempiato, e anche dimagrito. E soprattutto fuma, una sigaretta dopo l’altra, nevroticamente. Prima non aveva questa abitudine. Con me commenta le notizie sull’atletica, è ancora molto appassionato del suo sport”, ha detto Van Zyl.

In uno dei loro colloqui Pistorius gli ha confessato una terribile verità: “non tornerà più a correre. Ha 36 anni, la sua carriera è finita. Si rende conto che ha sbagliato e distrutto molte vite, anche la sua. Tutto finito. In carcere si è messo a studiare business administration e settore immobiliare. Una volta fuori si occuperà di proprietà e di case. Ora pulisce i bagni della struttura, il suo lavoro è quello”. Racconta di un uomo provato: “Una volta però l’ho trovato che aveva strani segni sul corpo, non so se per una rissa, forse qualcuno aveva provato ad ucciderlo, ho avvisato i dottori. Lui sa che io ci sono, quando vuole mi telefona”.

Il manager spiega che Pistorius potrebbe, uscire alla fine di questo mese o a marzo. Ha scontato più della metà della pena. “Ma dipende da vari fattori e pareri – dice – Condizione essenziale era che lui incontrasse i genitori di Reeva Steenkamp. Lo ho fatto a giugno: ha visto solo il padre, la madre non ha voluto. C’è molta politica dietro a queste decisioni. E una forte opposizione dei gruppi femministi”. Il manager racconta di come dopo il successo dei Giochi di Londra 2012 l’atleta fosse cambiato: “Troppi amici sbagliati. Ha iniziato a frequentare gente di malaffare, a girare con auto lussuose, lo invitavano a feste, viaggi, presentazioni. Roba che non c’entra con lo sport. Un giorno è passato a prendermi in auto e dietro sul sedile aveva una pistola. A cosa ti serve? gli ho chiesto. È per la mia sicurezza, ha risposto. Era ossessionato, voleva assumere un bodyguard”.

Di quella drammatica notte in cui uccise la fidanzata non parla mai con il manager. “Gli ho detto solo che un giorno, quando sarà uscito dalla prigione, senza nessuno attorno, io e lui soli, spero di avere una spiegazione”. E intanto guarda al futuro sognando l’Italia: “Parla soprattutto dell’Italia, dove si è sempre trovato bene. Vuole ritornarci, altri posti non gli interessano. Ma se anche avrà la libertà vigilata non so se gli ridaranno il passaporto. Dice che ha voglia dell’Italia, è il primo paese che vuole rivedere. Amava molto Gemona, in Friuli, la nostra base di allenamento”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.