La detenzione speciale e l'articolo 90
Storia del 41 bis, nato col caso Moro altro che decreto Martelli…
C’era ospite a Domenica in Margareth von Trotta la regista del film “Anni di piombo”. Scorrevano le immagini del colloquio tra la detenuta e la sorella che era andata a farle visita. Non potevano abbracciarsi neanche toccarsi con le mani. A dividerle una parete di vetro. In applicazione dell’articolo 90 del regolamento penitenziario, l’antenato del 41bis. Pippo Baudo rivolgendosi ai telespettatori disse: “Ecco che cosa accade in Germania”. Certo, in Germania. In Italia era pure peggio. Ma nel nostro paese gli intellettuali che avevano capito poco o fatto finta di non capire per lungo tempo scelsero di parlare di rischi di “germanizzazione”. Invece era l’Italia con la sua emergenza che sarebbe diventata infinita per arrivare fino si nostri giorni a dare lezioni al mondo.
L’articolo 90 faceva parte della riforma penitenziaria della metà degli anni ‘70. Il carcere duro fece il suo esordio a partire dal rapimento Moro e la pratica non ha mai smesso di esistere. Le condizioni di detenzione puntavano all’annientamento psico-fisico dei detenuti, a negare la loro identità politica. In pratica i reclusi non avevano diritti non esistevano regole. Sui libri che potevano tenere in cella sui giornali da leggere, sulla socialità, sulle visite dei familiari osteggiate in ogni modo possibile e immaginabile soprattutto per gli “ospiti” dell’Asinara carcere che poi venne chiudo in seguito alla vicenda relativa al rapimento del giudice D’Urso. C’è l’episodio raccontato da Pasquale Abatangelo nel libro “Correvo pensando ad Anna” quando dice al figlio di spostarsi “perché papà deve fare una cosa”.
Vale a dire spaccare il vetro divisorio della sala colloqui. Va ricordato come abbiamo tutti potuto vedere in un recente documentario su Sky che vi furono numerosi episodi di tortura a cominciare da quello di Enrico Triaca, formalmente riconosciuto in un processo a Perugia a anni di distanza dopo che all’epoca il diretto interessato era stato condannato per diffamazione. La finta esecuzione ai danni di Francesco Giordano. Giovanni Senzani ricevette un trattamento speciale a suon di botte e il suo arresto comunicato ufficialmente solo cinque giorni dopo.
Il regime delle carceri speciali raggiunge il suo culmine come disumanità nei cosiddetti “braccetti morti” in funzione nei primi anni ‘80 alle Nuove di Torino, a Foggia, Ariano Irpino, Ascoli Piceno come ricorda l’avvocato Giuseppe Pelazza. Soltanto 4 ore d’aria la settimana in un passeggio ricoperto di grate chevostacolavano la vista del cielo. Era consentito detenere una sola matita fornita dal carcere e un numero ridotto di fogli. Bel 1983 ci fu una circostanziata denuncia senza esiti contro il ministero rettò da Clelio Darida. Pelazza aggiunge che vi fu un paradossale seguito con Darida coinvolto nello scandalo delle “carceri d’oro”.
L’articolo 90 del regolamento penitenziario faceva parte del pacchetto preteso e ottenuto dalla magistratura alla quale la politica aveva delegato interamente la risoluzione della questione relativa alla sovversione interna insieme alle leggi premiali per pentiti e dissociati. Tutto incostituzionale o no? È semplice rispondere. Si è anche no. Perché la Costituzione formale del 1948 venne messa da parte e sostituita con una Carta sostanziale adeguata alle leggi di emergenza.
Nel 1986 formalmente l’articolo 90 fu accantonato dalla riforma Gozzini ma i detenuti continuarono a ricevere il trattamento carcerario a seconda del comportamento processuale. Una vera e propria differenziazione. Fino alle stragi mafiosi di Capaci e via D’Amelio che porteranno al varo del 41bis che sarà utilizzato anche previ detenuti politici nonostante la lotta armata fosse finita da tempo.
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