Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato il 41 bis per Matteo Messina Denaro, l’ex latitante affetto da cancro al colon, 24 ore dopo il suo arresto nella clinica La Maddalena di Palermo. Ed è nel supercarcere de L’Aquila che è stato portato nella notte, prima con un volo militare da Palermo a Pescara e poi scortato in auto verso il capoluogo, dove sorge il penitenziario italiano con il maggior numero di detenuti al 41 bis. Sorvegliato 24 ore su 24, in una cella di poco più di dieci metri quadrati, solo e con a disposizione due ore d’aria al mese.

La salute dell’ex ricercato più famoso d’Italia è grave ma, secondo quanto riportato dall’Ansa, gli sono assicurate le cure tanto che a breve comincerà anche la chemioterapia in una stanza ad hoc allestita nel carcere. Ad assistere il boss sarà il primario Luciano Mutti che terrà sotto controllo eventuali reazioni negative o effetti collaterali della terapia. Messina Denaro “riceverà lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti con patologie sanitarie – spiega il Garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi -. Garantiremo il suo diritto alla salute”.

Probabilmente Messina Denaro è stato accolto nella stanze al piano terra del penitenziario, dedicate ai detenuti più pericolosi. Si tratta di celle tutte uguali tra loro con il letto saldato a terra, un gabinetto e una televisione con i canali bloccati su quelli nazionali. Non è possibile infatti avere accesso alle emittenti regionali, per evitare il rischio che possano in qualche modo essere trasmessi messaggi in codice destinati ai boss. Una videocamera di sorveglianza riprende ogni istante i movimenti del detenuto nella stanza. A controllarle i poliziotti del Gom, il Gruppo Operativo Mobile.

Si tratta di un gruppo speciale di agenti gestiti non dal Provveditorato regionale ma direttamente dal Dap e i cui turni vengono cambiati casualmente ogni giorno, anche tra penitenziari diversi. Le telecamere riprendono pedissequamente ogni angolo del penitenziario senza lasciare nessun angolo cieco o spazi dove potersi nascondere. Vietata la socialità tra i detenuti all’interno del carcere e sono previste solo un paio di ore al mese di aria. C’è comunque la possibilità di accedere alla biblioteca o di leggere i giornali, in alcuni casi censurati se riportano fatti o articoli riguardanti processi nei quali siano coinvolti, anche indirettamente, i detenuti stessi. Esistono solo celle singole e per ogni sezione è predisposta una cella come presidio sanitario. In questo modo i detenuti non devono spostarsi dal proprio corridoio – composto da file di cinque o sei celle per lato – per poter ricevere le cure dei medici.

Sono pochi i penitenziari in Italia dove è possibile effettuare le cure in carcere. Secondo la ricostruzione fatta da LaPresse ci sono 5 città con ospedali dotati di reparti di medicina penitenziaria a sorveglianza rafforzata. In alcuni casi posti letto dedicati al 41 bis, come a Milano con l’ospedale San Paolo, dove il reparto è anche fisicamente separato da quello per i detenuti comuni. Gli altri sono Roma al Pertini, Napoli, Catania e Viterbo, con quest’ultimo orientato in senso infettivologico e che spesso trasferisce altrove pazienti-detenuti con patologie diverse come quelle tumorali. Per detenuti in regime di carcere duro anche gli eventuali trasferimenti vengono trattati con una logistica differente: a occuparsene sono le forze speciali del GOM, e non all’istituto carcerario di provenienza, che intervengono in un numero ritenuto congruo rispetto al ‘calibro’ del personaggio da scortare, rafforzando anche la sorveglianza negli ospedali stessi.

La loro presenza rende necessari alcuni accorgimenti: in caso di esami radiologici come Tac o risonanze magnetiche (da effettuare in reparti ordinari) si cercano orari esterni rispetto al flusso dei cittadini comuni (mattina presto, sera tardi) per non interferire con la normale programmazione, evitare di far sapere chi sia il soggetto in ospedale e perché la presenza di uomini armati potrebbe intimorire i cittadini-pazienti. Tra le prassi ‘informali’ nel mondo della medicina penitenziaria anche quella di registrare il detenuto 41-bis con nomi ‘alias’ o codici identificativi. Più in generale a livello di carceri dotati di Sai (Servizio di Assistenza Intensiva), come Milano e Parma, quello di Opera, a due passi dal capoluogo lombardo, è l’unico caso in cui vengono effettuate dialisi all’interno per patologie croniche.

Tornando al carcere de L’Aquila, qui sono stati ospitati detenuti eccellenti come il boss mafioso Leoluca Bagarella – che sconta l’ergastolo per strage -, Raffaele Cutolo della Nuova camorra organizzata, l’esponente dei casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan, l’esponente della Mala del Brenta Felice Maniero. Qui fu detenuto Totò Riina e sconta l’ergastolo Nadia Desdemona Lioce, la brigatista condannata per gli omicidi Biagi e D’Antona. Ora nelle celle sono presenti 159 persone, di cui 12 donne. Sono tutte in regime di 41 bis ad eccezione di una ventina di detenuti che sono destinati però ai lavori di manutenzione o di cucina all’interno del carcere. In nessun modo possono interagire con chi è sottoposto al carcere duro. Questi ultimi, tutti condannati per reati legati alla mafia o al terrorismo, possono incontrare esclusivamente i propri legali o i familiari negli orari previsti dal regolamento.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.