Il giorno dopo la cattura di Matteo Messina Denaro l’incredulità e la gioia lasciano spazio agli interrogativi aperti. La vita del boss, che si presumeva sotterranea e segretissima, si rivela essere stata – almeno negli ultimi tempi – disinvolta. Leggera. Il volto del boss non sarebbe stato modificato da alcuna plastica facciale. Abitava nella placida cittadina di Campobello di Mazara, nell’appartamento che risultava intestato ad Andrea Bonafede, di cui era diventato l’alter ego. Usciva spesso. Ma è all’interno di quella casa, il covo del boss, che vogliono guardare tutti. La cronaca sfuma nel voyeurismo.

L’Ansa dettaglia il rinvenimento di “Sneakers griffate, vestiti di lusso, un frigorifero pieno di cibo, ricevute di ristoranti, pillole per potenziare le prestazioni sessuali, profilattici». AdnKronos rilancia pubblicando l’esame istologico delle sue cellule tumorali, includendo la foto del documento clinico: “Cinque frammenti di adenocarcinoma”. E giù dettagli. Ecce homo. E adesso i suoi concittadini lo riconoscono. A ben guardare quella foto, sì: ora ricordano di averlo incontrato. Andava a cena al ristorante, passava al bar. A un chilometro dalla stazione di Polizia e uno e mezzo dal comando locale dei Carabinieri. Lì ha scoperto, un anno fa, di essere gravemente malato: tumore al colon-retto. E dunque l’inizio delle cure a Palermo, andandoci in macchina, in pieno giorno. «Non c’è stata trattativa, non si è consegnato. Ma non c’è stata neanche una gigantesca operazione di intelligence: si è lasciato prendere, da malato terminale. Ha pensato che forse è meglio lasciarsi curare in carcere», è la sintesi che fa Nello Trocchia.

Col punto interrogativo le considerazioni di Nino Di Matteo, il magistrato dell’inchiesta sulla presunta trattativa: «Come e perché è stata possibile una latitanza così lunga nonostante l’impegno di migliaia di agenti e di decine di magistrati? avevamo identikit fedeli, ha vissuto a Palermo, è stato preso in una clinica in pieno centro». Così pure Gian Carlo Caselli: «È d’obbligo rivolgersi alla politica, va colpito il lato oscuro del pianeta mafia, le ‘relazioni esterne’, quell’intreccio di complicità e collusioni che sono la spina dorsale del potere mafioso». Il senatore grillino Roberto Scarpinato, uno che avrebbe dovuto contribuire alla cattura del boss, se non avesse fatto il salto in Parlamento, va in tv a discettare di una grande Spectre: «C’è una struttura superiore alla mafia, la mente delle stragi del ’92 e ’93 di cui, come Riina, Messina Denaro, è stato solo un braccio e non la mente», in sintesi «un sistema criminale più complesso che ha ordito la strategia stragista. Bisogna capire chi ha armato le mani di questi mafiosi che in molti casi si sono prestati a fare da manovalanza per disegni politici che avevano un’altra strategia e miravano al cuore dello Stato». Insomma, il latitante più pericoloso del mondo non tira già più, va declassato. Diventa “il boss di Castelvetrano”.

A vederlo nelle sue vulnerabilità, al cospetto di una fine incipiente, non fa più paura. Va trovato un nuovo Golem, un nuovo spettro. E di contro, nuovi eroi. Per il centrodestra a guida Fdi, la cattura del ricercato numero uno segna una data storica, che Giorgia Meloni pretende addirittura di “Ricordare nel calendario come Giornata contro la mafia”, senza accorgersi che ne esiste già una (il 21 marzo, istituita dal Parlamento nel 2017). Roberto Saviano se la prende con la destra: in un’intervista a La Stampa ha detto che Cosa Nostra, nel fare affari, avrebbe una ‘predilezione per la destra testimoniata da una infinità di atti e documenti’. Apriti cielo. Prende le distanze anche un esponente dei Cinque Stelle come l’ex ministro Sergio Costa, vicepresidente della Camera e generale dei Carabinieri in aspettativa: «Il merito va agli investigatori e alla magistratura. Non è un successo della politica ma di chi in tanti anni si è dedicato a questa caccia all’uomo». Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è congratulato con tutta la filiera: con il ministro degli Interni, con l’Arma dei Carabinieri, con la Polizia, con la magistratura.

Saltando, sembrerebbe, il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Esulta – ed esalta – la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola: “Il mondo oggi è un posto più sicuro”, twitta mentre è alle prese con il Qatargate. L’elicottero che deve tradurre Messina Denaro atterra a Pescara. Da lì un’autocolonna blindata lo scorta, su e giù per l’Appennino abruzzese, fino a L’Aquila. Il boss è stato assegnato al regime del 41bis, ma con un piano cure già stabilito in continuità con la terapia prescrittagli a Palermo. Sarà sorvegliato 24 ore su 24, in una cella di poco più di dieci metri quadrati nel supercarcere dell’Aquila. Lì è stata allestita ad hoc una sala per la chemioterapia. Ad assistere il boss sarà il primario Luciano Mutti che terrà sotto controllo eventuali reazioni negative o effetti collaterali della terapia. Messina Denaro «riceverà lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti con patologie sanitarie – ha detto il Garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco CifaldiGarantiremo il suo diritto alla salute».

Avatar photo

Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.