“Come ti chiami?”, gli ha sussurrato il carabiniere. Lui ha alzato gli occhi, lo ha guardato, e ha risposto secco: “Matteo Messina Denaro”. E così è finita la lunga avventura di latitante del capo dei Corleonesi, la più spietata corrente di mafia di tutti i tempi. Lo hanno catturato in una clinica. Era lì per curarsi. Ha un tumore. Messina Denaro è il successore di Totò Riina e di Luciano Liggio. Dal 1993 si è dato alla macchia. Prima di sparire aveva scritto alla fidanzata: “Sentirai molto parlare di me, mi dipingeranno come il diavolo. Non credergli”. Effettivamente i giornali parlarono molto di lui e lo dipinsero come un malvagio molto malvagio. Anche perché si scoprì che sarebbe stato lui, insieme a Brusca, a strangolare un bambino di 12 anni per punire il padre “pentito” e collaboratore dei Pm. Quattro brevi osservazioni su questa giornata di trionfo della lotta alla mafia.

Complimenti al ministro dell’Interno, Piantedosi, ai Ros, ai carabinieri e alla Procura di Palermo. Adesso si sono aperte e cresceranno le polemiche sui retroscena di questa cattura. “Era molto malato”. “Ci sono state trattative?” “Si è consegnato?” eccetera eccetera. Trovo che siano polemiche sull’acqua. Lo hanno arrestato, punto. I complotti lasciamoli al Fatto, che ancora in questi giorni se l’è presa coi carabinieri che 30 anni fa acciuffarono Riina dando il primo colpo micidiale alla mafia dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino. Date retta a me: quando sentite parlare molto di complotti chiedetevi se chi ne parla non ha bisogno di nascondere qualcosa… La Procura di Palermo ha dimostrato che la mafia può essere colpita. Non succedeva da molti anni. Direi dai tempi di Giancarlo Caselli e di Pietro Grasso. Dopo di loro si sono succeduti parecchi procuratori e sostituti, e procuratori generali, molti dei quali abilissimi a rilasciare interviste, meno abili, forse, nel loro lavoro. Il nuovo procuratore, e i suoi vice, sono arrivati pochi mesi fa, in silenzio, senza partecipare ai talk show, senza interviste e articolesse sui quotidiani, e – a quanto pare – hanno lavorato sodo.

Ieri Marcelle Padovani, prestigiosissima giornalista francese, ha dichiarato: “Giovanni Falcone ha sempre pensato che la mafia conosce un inizio, un apogeo e una fine. Oggi, direbbe, siamo alla fine”. È esattamente così. Probabilmente Cosa Nostra – che ha comandato in Italia per molti decenni – era già finita da qualche anno. L’arresto di Messina Denaro è un atto simbolico, un suggello del quale c’era bisogno. Si è chiuso un ciclo. L’emergenza mafia che fu dichiarata negli anni Novanta, quando Cosa Nostra uccideva decine di persone ogni settimana, è conclusa. I dati ci dicono che nei primi 15 giorni del 2023 c’è stato un omicidio di ‘ndrangheta e sette femminicidi. La matematica è scienza esatta e ci dice qual è l’emergenza. L’emergenza sono i femminicidi.

Mantenere le leggi speciali, il 41 bis, l’ergastolo ostativo e tutte le norme straordinarie – e temporanee – in contrasto con la Costituzione (compreso l’abuso delle intercettazioni e del carcere preventivo, e l’uso dell’aggravante mafiosa, anche infondata, come strumento di indagine) non ha più nessun senso. In genere quando osserviamo che in Gran Bretagna si effettuano 2000 intercettazioni all’anno e in Italia quasi 200 mila, qualcuno risponde: ma lì non c’è la mafia. Non c’è emergenza. Bene, guardate questi dati, gli ultimi completi disponibili: nella sola città di Londra nel 2021 ci sono stati 120 omicidi. Nello stesso periodo di tempo, in tutt’Italia ci sono stati 20 omicidi da parte della criminalità organizzata. Quando si discute e si legifera sarebbe bello se si partisse dai fatti e non dai titoli spericolati dei giornali.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.