Piemonte, Friuli-Venezia-Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia saranno le cinque Regioni protagoniste delle “Hydrogen Valleys”, uno dei progetti bandiera che il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede come investimenti mirati su specifici territori. I primi sei protocolli d’intesa sono stati firmati il mese scorso presso la presidenza del Consiglio alla presenza del presidente Mario Draghi, del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, di titolari di altri dicasteri e dei presidenti delle regioni coinvolte e prevedono la realizzazione di distretti per la produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse. L’idrogeno ‘verde’ – che si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili – è considerato l’unico idrogeno sostenibile al 100%.

Attualmente, secondo l’ultimo rapporto dell’Iea, l’International Energy Agency, la quasi totalità dell’idrogeno oggi consumato (75 milioni di tonnellate all’anno) è quello ‘grigio’, prodotto principalmente da combustibili fossili, e in particolare dal gas naturale, generando grandi quantità di emissioni climalteranti. Secondo alcuni, l’adozione di sistemi di cattura del carbonio alla fine di questo processo ridurrebbe il suo impatto ambientale, producendo così quello che viene chiamato “idrogeno blu”. Ma anche in questo caso c’è un problema di sostenibilità. Prima economico, perché i costi di cattura e stoccaggio della CO2 sono ancora proibitivi. Poi ambientale, perché il ciclo produttivo non è in grado di catturare tutta la CO2 prodotta, e comunque lungo tutta la sua catena di produzione il processo emette nell’atmosfera metano, un altro gas climalterante. Ecco perché la necessità di promuovere la produzione di idrogeno ‘verde’, assolutamente sostenibile.

Il “progetto bandiera” per le “Hydrogen Valleys” prevede, a regime, uno stanziamento complessivo da 500 milioni di euro da ripartire fra dieci territori in tutta Italia. Inoltre, fanno parte del protocollo alcuni interventi aggiuntivi per ricerca e sviluppo nel settore dell’idrogeno o per altre attività collaterali. Per questi interventi si prevede un finanziamento integrativo di 50 milioni di euro da ripartire tra le cinque regioni che hanno scelto le Hydrogen Valley come progettualità bandiera (10 milioni per regione). Il ruolo dell’idrogeno è in continua crescita soprattutto in determinati settori industriali, nei trasporti (in primis pesanti e a lungo raggio) poiché può contribuire a decarbonizzare settori per i quali l’elettrificazione non rappresenta una soluzione efficiente.

Le due sfide principali restano i costi ancora elevati di produzione e la domanda piuttosto bassa. Oggi, l’idrogeno rappresenta infatti una frazione modesta del mix energetico globale e dell’Ue ed è ancora in gran parte prodotto da combustibili fossili. Ecco perché l’Unione intende promuovere la creazione di un mercato efficiente per l’idrogeno, che ne aumenti la quota nel mix energetico europeo dall’attuale 2% al 13-14% entro il 2050. Inoltre, l’idrogeno può offrire maggiore flessibilità e capacità di stoccaggio di lungo termine per il settore elettrico e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici europei, portando ad una minore dipendenza dai tradizionali esportatori di combustibili fossili.

Il RePowerEU, presentato dalla Commissione europea il 18 maggio scorso, costituisce la risposta europea alle difficoltà del settore energetico determinate dall’invasione russa dell’Ucraina. In un clima di tensione tale da provocare l’interruzione della fornitura di gas russo alla Polonia e Bulgaria, in cui la Russia strumentalizza il suo ruolo commerciale per fini politici ed economici, vi è l’assoluta urgenza di rendere i paesi membri dell’Ue indipendenti promuovendo una celere transizione ad un’economia verde. A questo fine la Commissione valuterà la costituzione di un ‘meccanismo operativo di acquisto comune’ di natura volontaria con il compito di negoziare e stipulare contratti a favore degli stati membri aderenti. Per quanto riguarda l’idrogeno rinnovabile, gli obiettivi entro il 2030 consistono nel raggiungere i 10 milioni di tonnellate di produzione domestica ed importarne una pari quantità. La Hydrogen Strategy varata dall’Unione Europea e le strategie nazionali annunciate da alcuni paesi, inclusa l’Italia, sono un passo importante nella giusta direzione affinché l’idrogeno possa contribuire all’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a zero emissioni nette di Co2 al 2050.

Per l’Italia, la strategia prevede 5 gigawatt di capacità installata per la produzione di idrogeno verde e un primo target del 2% del mix energetico al 2030, con una crescita attesa fino al 20% nel 2050. Un ruolo strategico nella rivoluzione dell’idrogeno sarà svolto in Italia dalla rete Snam, la società di infrastrutture energetiche attiva nel trasporto, nello stoccaggio e rigassificazione del metano. Circa il 70% dei tubi gestiti da Snam, infatti, dovrebbe essere già pronto a trasportare percentuali crescenti di idrogeno. In futuro i nuovi gasdotti consentiranno di trasportare non solo gas naturale e biometano ma anche percentuali crescenti di idrogeno fino al 100%. La prospettiva di Snam, al 2050, è di trasportare gas interamente decarbonizzato (non solo idrogeno ma anche biometano), contribuendo a rafforzare il ruolo dell’Italia come un hub europeo, anche nell’ottica di export di energia pulita verso il Nord Europa. Il 50% dei circa 7,4 miliardi di euro del piano industriale della società 2020-2024 sono dedicati alla sostituzione e sviluppo degli asset secondo standard compatibili anche con l’idrogeno. Per trasportare l’idrogeno può essere impiegata l’infrastruttura esistente, oggi utilizzata per il gas naturale.

L’idrogeno può diventare competitivo in tempi brevi. Entro qualche anno, i trasporti su rotaia e quelli pesanti, dal 2030 alcuni settori industriali come le raffinerie e alcuni processi di produzione dell’acciaio, infine dal 2040 il riscaldamento domestico e altre applicazioni. Oltre a preparare la propria infrastruttura al trasporto e allo stoccaggio dell’idrogeno, Snam ha avviato delle partnership con vari operatori per mettere insieme le rispettive competenze e abilitare lo sviluppo della filiera a livello nazionale ed europeo: gli operatori ferroviari (FS Italiane e Ferrovie Nord), i fornitori di motrici (Alstom) e i fornitori di energia (Eni e A2A) per sviluppare infrastrutture di rifornimento per rendere possibile anche in Italia la mobilità ferroviaria a idrogeno.

Snam sta inoltre collaborando con altri soggetti fornitori e consumatori di gas naturale per progetti e sperimentazioni finalizzati all’utilizzo dell’idrogeno per decarbonizzare alcuni processi industriali (come raffinazione e siderurgia) o la generazione elettrica (Tenaris ed Edison). Insieme a Rina e al gruppo Giva ha avviato la prima sperimentazione di utilizzo di un mix di idrogeno (al 30%) e gas naturale per la forgiatura dell’acciaio a livello globale e si sta posizionando sulle nuove tecnologie che potranno abilitare lo sviluppo dell’idrogeno (Itm Power, De Nora), in particolare gli elettrolizzatori. Per quanto riguarda invece le nuove iniziative, la principale inclusa nel piano strategico, con investimenti per 150 milioni, riguarda progetti per la mobilità ferroviaria per la conversione di tratti di rete italiana da diesel a idrogeno. Nel nostro Paese ci sono ancora quasi 5 mila km di rete non elettrificata: il treno a idrogeno, che è già una realtà nella vicina Germania, può diventare una opportunità importante anche per l’Italia.

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