A quaranta giorni dal rogo i mesi preventivati per il fine lavori sono già diventati anni. I romani dei popolosi quartieri Marconi e Ostiense dovranno a lungo convivere con un’arteria fondamentale occlusa al traffico pedonale e automobilistico. E il bypass messo in atto dal giorno successivo all’incendio, 2 ottobre scorso, ovvero il reindirizzamento dei mezzi sul ponte Sublicio (tra Trastevere e Testaccio) e sul ponte Marconi (tra Marconi e San Paolo) rimane ad oggi l’unica intasata alternativa da percorrere.

Il direttore del dipartimento Protezione civile Cesare Di Giambattista spiega con grande slancio ottimistico che “ci vorranno meno di due anni, considerando che il ponte Morandi a Genova è stato ricostruito in 24 mesi”. Si comincia già con i paragoni. I lavori sul viadotto crollato erano andati avanti sotto commissariamento e, se è vero che le dimensioni contano, basti pensare che il Morandi era lungo più di un chilometro, mentre quello dell’Industria appena 131 metri.

Insomma tutta un’altra storia rispetto a quella del ponte di Ferro per il quale Di Giambattista al momento non esclude sia sufficiente un restauro e un intervento per ripristinare i sottoservizi, ovvero le passerelle dove passano i tubi del gas e della luce che sono venute giù la notte dell’incendio. Lo slittamento delle previsioni di fine lavori va ricercato nell’infinita serie di passaggi procedurali previsti per questo tipo di interventi.

Per arrivare alla riapertura del ponte dell’Industria che collega il quartiere Marconi con Ostiense, vanno seguiti i seguenti passaggi: la costituzione di un coordinamento (presieduto da Di Giambattista) che smista e assegna i compiti a ciascun dipartimento del Comune, anche se ora è in stand-by perché bisogna lasciare che passino due mesi da quando l’infrastruttura è andata a fuoco affinché il Simu (il dipartimento dei Lavori pubblici di Roma Capitale) completi i rilievi necessari a constatare l’entità dei danni e consegni le analisi.

In base ai risultati del lavoro del dipartimento sarà possibile andare avanti con la definizione delle procedure e con la progettazione degli interventi. Le alternative sono il rifacimento o il restauro, opzione, la seconda, per cui propende Di Gianbattista. Successivamente sarà necessario progettare e bandire la gara per l’affidamento dei lavori e portare avanti la conferenza dei servizi e poi, sempre in base ai risultati dei rilievi da parte dei Simu, il Comune capirà se e come rilanciare la richiesta fatta al governo del commissariamento sul modello Genova.

La palla in mano alla fine ce l’ha palazzo Chigi che dovrà decidere se fare un assist a Gualtieri finanziando il progetto oppure aspettare. “In questo momento a Roma andare avanti attraverso procedure ordinarie non è concepibile e non lo è in particolare su questa opera pubblica – commenta il presidente dell’VIII municipio Amedeo Ciaccheri – la vera sfida che abbiamo con Gualtieri è dimostrare che nel rispetto delle norme sono possibili procedure straordinarie perché abbiamo un ritardo accumulato che ci costringe a invertire la rotta. La città senza il ponte di Ferro è tagliata in due e la priorità è che sul settore delle opere pubbliche, questa amministrazione econ il sostegno del governo, Roma abbia la centralità operativa che merita”.

Riccardo Annibali