Dal premier Mario Draghi al governatore campano Vincenzo De Luca passando per il parere di tecnici e politici. In Italia da qualche giorno si fa largo l’ipotesi del “modello inglese” (e anche israeliano), ovvero distribuire il più possibile le prime dosi di vaccino anti Covid. Un modus operandi che ha consentito di vaccinare in Gran Bretagna quasi 20 milioni di persone e chi ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer o AstraZeneca ha determinato l’abbattimento di ricoveri rispettivamente dell’83% e del 92%.

Al momento solo l’Irlanda, la Danimarca e la Svezia hanno scelto di prendere la strada del Regno Unito. Se decidesse di farlo anche l’Italia sarebbe quasi un terremoto per l’Europa. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha però tenuto a ricordare che l’Ema raccomanda ai Paesi europei di seguire la strategia del richiamo. Ma si tratta di una raccomandazione.

Pfizer ha il richiamo dopo 21 giorni, Moderna dopo 28 e Astrazeneca dopo 10-12 settimane. Un recente studio pubblicato dalla rivista scientifica “Lancet” ha evidenziato che la prima dose del vaccino AstraZeneca avrebbe una efficacia del 72% (e non del 60, come accertato dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, ndr) che aumenterebbe all’80% spostando in là il richiamo della seconda dose, anche a tre mesi dalla somministrazione della prima.

4 MILIONI DI VACCINAZIONI – In Italia è stata superata la soglia dei 4 milioni di dosi di vaccino contro il Covid somministrate in Italia. Secondo i dati del commissario straordinario per l’emergenza sanitaria, aggiornato alle 03.08 di sabato 27 febbraio sono 4.074.575 gli italiani vaccinati con la prima dose, mentre sono 1.377.987 quelli che hanno avuto la doppia dose. Dall’inizio della campagna vaccinale, il 31 di dicembre, sono state distribuite 5.830.660 dosi di vaccino, di cui 4.537.260 Pfizer/BioNTech, 244.600 Moderna e 1.048.800 Astrazeneca.

Nel dettaglio, le dosi sono state somministrate a 2.303.030 operatori sanitari, 699.945 unità di personale non sanitario, 392.365 ospiti di strutture residenziali, 523.882 over 80, 55.108 unita’ delle forze armate e 100.245 unità di personale scolastico.

I PARERI – Sull’ipotesi di somministrare subito al numero maggiore possibile di persone una prima dose di vaccino, come da ‘modello inglese’, è favorevole Armando Genazzani, professore di Farmacologia all’Università del Piemonte Orientale, membro del Chmp di Ema e nella commissione tecnico scientifica di Aifa. Intervenuto a Radio 24, ha spiegato le ragioni: “L’Inghilterra già 2 mesi fa, in un momento cruciale della pandemia, ha deciso di somministrare quante più prime dosi possibile. Questo ha un razionale, e il razionale è che dopo una singola somministrazione di vaccino, che sia quello di AstraZeneca o siano quelli di Pfizer-BioNTech e di Moderna, vi è una parziale copertura. Cioè le persone hanno meno possibilità di ammalarsi”, anche se “hanno molte meno possibilità di ammalarsi se fanno la seconda dose. Però, in una fase molto complicata di una pandemia – ha riconosciuto il farmacologo – si può immaginare che possa essere preferibile cercare di coprire tutti parzialmente, invece che coprire meglio la metà delle persone”.

Anche Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile e attuale coordinatore della campagna vaccinale lombarda, al Corriere della Sera è favorevole a questa strategia: “Bisogna subito puntare sulla prima dose, lo sto dicendo da una settimana e mi pare che anche il presidente del Consiglio lo stia sottolineando. Se ho 100 mila dosi di vaccino le uso per 100 mila persone, non mi riduco a 50 mila per poi fare il richiamo”.

Sul modello inglese e israeliano ha cambiato idea anche Massimo Galli, direttore del dipartimento di Malattie infettive al Sacco di Milano. “Sono arrivati i primi dati scientifici da Israele e dicono che dopo la prima dose c’è stato un crollo delle infezioni in tutto il Paese. Se il risultato è così vasto e documentato, ci si può ragionare”, spiega a Ilfattoquotidiano.it. Ma avverte: “Servono dei paletti, ad esempio garantire la seconda dose ai più fragili, evitare di vaccinare chi ha già avuto la malattia, tentare di fare dei lockdown vaccinali nelle zone più colpite”.

Fare intanto tutte le prime dosi? I risultati hanno dato ragione al Regno Unito, facciamolo anche noi” ha sottolineato Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova.

Redazione

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