Sono troppi anni che mi sento trattato con disprezzo e sufficienza – come tanti – quando con i “puri” di sinistra mi definisco riformista. Nel loro sguardo e nelle loro parole sento un rimprovero morale, una sorta di accusa per essere un compromesso, un “venduto del sistema”, uno con una scarsa dirittura etica. Confesso che non ne posso più. Anche perché come tutte le persone che conoscono il potere, io poi li ho visti all’opera, questi puri di sinistra, quando hanno avuto il potere, e francamente non ho nulla da imparare, da questi ipocriti che trattano noi riformisti come degli appestati.

Provo rabbia, e io questa rabbia voglio gridarla senza più diplomazia, perché non voglio permettere più a nessuno di mettermi i piedi in testa in nome di una fantomatica e immaginaria superiorità morale. Sono furbi e in malafede, i “puri” di sinistra. Perché pensano che le storture del mondo siano risolvibili con qualche parola d’ordine, con degli slogan, con degli anatemi, con le manette. Per loro la difficile partita con la realtà si risolve dividendo il mondo in buoni e cattivi, e così si sentono a posto con la coscienza. Ma se c’è una cosa che rende veramente adulto un essere umano è proprio il realismo, il saper governare la complessità, il praticare l’esercizio del dubbio, il capire e gestire le contraddizioni, le ambiguità, le storture della vita.

Mi sembrano degli adolescenti, ecco. Quando ascolto leader politici come Conte e Schlein io penso sempre ai tempi della mia adolescenza, quando ci bastava dire: siamo contro la guerra, siamo contro lo sfruttamento, siamo contro i ricchi e contro il capitalismo. E ce ne tornavamo a casa felici e soddisfatti di aver rimarcato ancora una volta di stare dalla parte giusta della storia, senza esserci sporcati minimamente le mani con la vita reale. I “puri” di sinistra non accettano – ipocritamente – che l’essere umano sia un legno storto.

Anche loro sono legni storti, ma lo rimuovono, e così si vanno a rintanare in piccoli gruppi e minoranze dove tra di loro si dicono che loro, a differenza nostra – che alla fine siamo sempre fascisti, perché è questa l’arma segreta che usano i “puri” di sinistra quando non hanno più argomenti – rappresentano il bene e il giusto, sono per i più deboli, odiano i ricchi e lavorano per creare il paradiso in terra, ignorando che il paradiso in terra non si può creare, e che chi ci ha provato ha avuto solo un modo per tenerlo in vita, quel presunto paradiso terrestre: creare una dittatura cruenta, feroce, liberticida.

Parlano di redistribuzione della ricchezza – per loro i fondi statali sono infiniti, e infatti sono quelli degli scostamenti ad libitum e dei superbonus – e fingono di non sapere che la ricchezza non si crea stampando moneta o giocando coi soldi del Monopoli, ma attraverso l’impresa economica, ovvero il mercato. Odiano le imprese e vorrebbero solo tassarle fino allo sfinimento, perché i ricchi sono immorali a prescindere, e vanno puniti. E noi che amiamo l’impresa – la creatività, il rischio, la condivisione di un sogno, la lotta per stare sul mercato, il lavoro, il sacrificio, l’abnegazione, l’amore per l’avventura, ecc. – passiamo per essere dei venduti, degli affaristi, degli agenti segreti del nemico, quando in verità vorremmo solo gridare a questi immaturi e irresponsabili che la loro famigerata redistribuzione della ricchezza è possibile soltanto se qualcuno là fuori – nella dura realtà della vita vera – crea ricchezza, e la ricchezza si crea soltanto con l’impresa, con il libero mercato, con una tassazione equa che non soffochi il mondo economico.

Eppure noi riformisti siamo ancora additati come amici dei poteri forti e di Confindustria. Ma com’è possibile che questa gente non sappia che senza questo sistema capitalistico l’Italia se lo sogna il livello di welfare che ha, e che è tra i più imponenti del mondo? Sono ignoranti o in malafede? Mentono sapendo di mentire. E mentono quando dicono che questo centrodestra al governo è neo-fascista. Ma lo fanno per farci sentire in colpa quando valutiamo laicamente l’azione di governo di questa maggioranza.

Se valutiamo positivamente le scelte del governo Meloni, nel loro sguardo c’è sempre lo stesso ghigno sprezzante, che vuole dirci: sei amico dei fascisti. E io non ce la faccio più a tacere, a farmi dire che sono correo di fascismi immaginari e dunque psicotici, che sono passato con i figli della Repubblica di Salò, che sono per una dittatura. Quale dittatura? Son forse diventato cieco? Siamo tutti ciechi e vigliacchi, noi riformisti? Questo centrodestra ha giurato sulla Costituzione, è democratico, è stato liberamente eletto dai cittadini italiani.

Ma per loro – che pure teorizzano sui loro giornali ipocriti panegirici sulla cultura della diversità e della differenza – tutto ciò che non è conforme al loro moralismo, al loro settarismo, al loro antagonismo adolescenziale è semplicemente fascismo. E vogliono colpevolizzare noi riformisti che stiamo fino in fondo nelle contraddizioni del presente, e non dividiamo semplicisticamente il mondo in buoni e cattivi, perché il mondo ha molti più colori del bianco e del nero – e questa è anche la bellezza della vita, per noi che anzitutto l’amiamo, la vita, con tutti i suoi abissi e le sue infinite storture.

E allora forse è arrivato il momento di dirmi e di dirci l’amara verità. Una verità difficile, ma definitiva: i riformisti non possono più stare a sinistra – con questa sinistra massimalista, statalista, adolescenziale, ipocrita, populista, aggressiva, manichea.

Forse saremo per sempre anime del purgatorio, cani randagi senza casa, ma intanto con il centrodestra si può parlare senza sentirsi traditori della causa, si può discutere laicamente di questo meraviglioso legno storto che siamo tutti. Mi diranno, ci diranno che siamo fascisti. Ma io so una cosa, e cioè che se una persona usa con frequenza una parola, vuol dire che quella parola lo ossessiona. Nessuno nel centrodestra usa mai la parola fascismo, a sinistra invece sì. E allora diciamolo: esiste un fascismo di sinistra. Ed è il fascismo di chi addita il nemico e vorrebbe bandirlo dalla vita pubblica, toglierlo dai ruoli di comando, emarginarlo dalla vita culturale, patologizzarlo e renderlo invisibile. Questo è il vero fascismo!

Odiare chi la pensa diversamente, ostracizzarlo, denigrarlo sul piano morale. E un riformista non può più accettare di essere accusato di fascismo solo perché è garantista, solo perché crede che i poveri si aiutino aumentando la libera impresa economica e dunque l’occupazione, solo perché pensa che la Nato sia un argine alle minacce di pericolosi sistemi dittatoriali come quello di Putin, ecc.

Quanta malafede, nei puri di sinistra. E quanto odio. Quanta ipocrisia. E quanta immaturità. Ci abbiamo provato – con Craxi e Renzi – a pensare che fosse possibile un discorso incisivo riformistico a sinistra. Ma ora dobbiamo prendere atto che non è più possibile. Ma non episodicamente, non per una singola fase, non per una piccola stagione, ma strutturalmente. Questo non significa che siamo di destra, ma che nel centrodestra le nostre ragioni sono considerate, condivise, rispettate e accolte. Ma, soprattutto, che nel centrodestra non c’è mai – mai! – quell’atteggiamento che hanno i “puri” di sinistra, che ti guardano sempre dall’alto in basso come incarnassero il bene e come fossero in procinto di leggerti una condanna a morte in nome del bene e della verità – e della dittatura del proletariato.

Fascisti, ci chiameranno fascisti. Fascisti per essere contro l’uso politico della giustizia, per essere per la globalizzazione dei mercati, per essere per un fisco equo, per non essere nemici dell’impresa, per non ostracizzare chi ha culture politiche differenti, per non vivere di odio, rancore, rabbia, e per non avere l’ossessione di distruggere sul piano morale gli avversari o chi è più ricco di noi. Tutto ciò che loro non capiranno della realtà lo chiameranno per sempre fascismo. E allora possiamo ancora dirci di sinistra, se questo è la sinistra? È giusto che i riformisti, i liberaldemocratici, i centristi moderati continuino a farsi trattare come “venduti del sistema”, come fascisti, come voltagabbana e a illudersi che il posto dei riformisti sia ancora in questo campo largo populista dove le parole d’ordine sono il giustizialismo, l’anticapitalismo e l’antimilitarismo ingenuo?

E perché noi dovremmo ancora avere il complesso di “stare coi fascisti”, se sono almeno trent’anni che il centrodestra italiano, con tutti i suoi difetti, è pienamente democratico? Va aperta una grande discussione tra i riformisti per superare quest’ultimo tabù. Non permettiamo più a nessuno di definirci fascisti solo perché non facciamo finta di essere tornati ridicolmente ai tempi delle assemblee studentesche di quando eravamo adolescenti.

Andrea Di Consoli

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