Preoccupano le varianti del coronavirus che si stanno diffondendo in tutto il mondo, in Europa e anche in Italia. Alla terza settimana di un graduale incremento dell’evoluzione epidemiologica, come osservato dall’Istituto Superiore di Sanità, contribuiscono le varianti. Sono cinque al momento quelle che circolano in Italia: quella inglese, quella brasiliana, quella sudafricana, quella nigeriana e quella scozzese. Sotto controllo la situazione secondo il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. Proprio le varianti vengono imputate tuttavia come le responsabili dell’aumento esponenziale dei contagi nelle ultime settimane, soprattutto in centro Italia.

La variante inglese dovrebbe diventare dominante nelle prossime settimane. Al momento interessa il 30, 35% dei casi. Un paio di settimane fa il dato era pari al 18%. Rappresenta oltre un terzo dei nuovi positivi in Toscana, in Puglia, in Emilia Romagna, in Molise e nelle Marche. Sarebbe più contagiosa, rispetto al ceppo circolato finora, di circa il 38%. I vaccini sarebbero tutti efficaci: da Moderna a Pfizer ad Astrazeneca. Più difficoltà avrebbe invece il farmaco AstraZeneca sulle varianti sudafricana e brasiliana.

Massimo Ciccozzi, ordinario di epidemiologia all’università Campus Biomedico di Roma, in un’intervista al Corriere della Sera ha spiegato: “Quasi tutte hanno la mutazione sul gene che produce la proteina Spike usata dal virus per agganciarsi alle cellule umane. La variante cosiddetta inglese, la brasiliana, la sudafricana, una quarta sequenziata a Napoli, identificata per la prima volta in Nigeria. A Viggiù, in Lombardia, è stata sequenziata una variante scozzese. In un lavoro pubblicato su Lancet Infectious Disease col virologo Arnaldo Caruso abbiamo descritto un nuovo ceppo trovato a Brescia in un paziente oncologico che è poi guarito dal Covid-19. Questo episodio è interessante perché sarebbe la dimostrazione che il virus si è evoluto all’interno della persona infettata ed è cambiato”.

Nessuna evidenza su una maggiore virulenza delle varianti: gli studi sono in corso. Improbabile, secondo Caruso. “Le varianti sono il sintomo di una circolazione troppo alta del virus. E questo significa dare all’agente patogeno che da un anno ci tiene sotto scacco l’opportunità di produrre altre mutazioni che prima o poi potrebbero compromettere il funzionamento dei vaccini. Non dobbiamo assolutamente permettere che questo accada. È una fase molto critica”.

Prudenza espressa da Nicola Normanno, direttore del dipartimento di Ricerca traslazionale dell’Istituto Pascale di Napoli, dove è stata scoperta per la prima volta in Italia la variante cosiddetta nigeriana, che ha Lapresse ha dichiarato: “Di fatto, quello che si dovrà fare è continuare a sequenziare, monitorare le varianti. Sappiamo che ne arriveranno altre e non è detto che vengano dall’estero come in questo caso. Potranno nascere anche spontaneamente dai pazienti italiani. Dobbiamo entrare in un’ottica in cui questo è un virus che muta e, come muta il virus, noi dobbiamo aggiustare le armi diagnostiche e terapeutiche”. La variante cosiddetta nigeriana, riscontrata in un centinaio di casi in tutto il mondo finora, ha delle analogie con quella inglese e mutazioni riscontrate anche in quella sudafricana.

Niente panico per il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri. “Credo che saranno necessarie zone di chiusura con la procedura di ‘stop&go’ che ho sempre difeso. È chiaro che in questo momento ci sono delle aree rosse nel Paese che potrebbero essere estese con la diffusione delle varianti ma non credo che serva oggi un lockdown perché la situazione non è drammatica ma sotto controllo. Laddove le varianti corrono e aumentano i casi e i ricoveri sono necessarie chiusure, vedi Perugia. Le varianti ci sono ma non è detto che siano peggiorative, dobbiamo continuare il monitoraggio e proseguire con le vaccinazioni”, ha dichiarato ad AdnKronos a margine della cerimonia organizzata dall’Ordine dei medici di Roma in memoria degli operatori caduti per Covid-19, con una targa dedicata.

Antonio Lamorte

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