Ragazza senza prefazione è la prova di esordio di Luca Tosi (Cesena, 1990) da domani in libreria per Terrarossa (pp.91, euro 13), casa editrice barese espressione di una delle più illuminate realtà dell’attuale editoria indipendente (basti qui citare, oltre Sinigaglia, autori come Cristò o, più di recente, Maraschi). In questo racconto lungo (ché di tale forma narrativa mi pare che questo libro abbia sia il ritmo, sia il modo di rappresentazione di un senso), Tosi usa una prima persona che parla al lettore – con un’intimità diretta, sincera, disarmata totalmente – di un tempo che sta lì, un tempo personale, incomprensibile ai più, felicemente indecifrabile anche a noi stessi, il tempo dei nostri giorni oblomoviani, quello che il mondo dei genitori, dei parenti, dei compaesani (il luogo d’ambientazione è Santarcangelo di Romagna) vorrebbe riempito di attività e di cose (il lavoro in azienda, il matrimonio, i figli), e che invece il ventisettenne Marcello soltanto desidera mantenere lì, preservato da queste contaminazioni, vuoto e puro: «È che il tempo libero, per me, o è libero davvero, passato a non fare, seduto sotto un ciliegio, tipo, o non lo è. Niente cellulari, giornali, politica ed extraterrestri. Vorrei stare pulito, io, ecco, e vorrei Lei, più di tutto».

In effetti a Marcello basta un tempo per immaginare l’amore per Lei, col suo odore buono e lo zaino Invicta azzurro: «Lei per me, è dolore e cura insieme. Una cosa unica». Così Marcello passa il tempo per via Cupa, va a trovare qualche amico, procede a zonzo osservando e ricordando, ora che è estate – ora che, dopo laurea e master, il lavoro non c’è – quel 20 dicembre del loro primo incontro, quando se ne erano andati a vedere un coro di misteriose voci bulgare alla Fenice di Venezia e poi era giunto il momento di consumare l’amore. Con quel che ne è venuto e che lasceremo al lettore di gustare. In questa provincia romagnola che si sposta talvolta in Veneto, la lingua di Tosi modella così un atto unico, che sferza con morbidezza, come accade delle sue (stupende) inflessioni cesenatiche (sembra di trovarsi di fronte un personaggio di Amarcord mezzo secolo dopo: «Quelli della mia età, a Santarcangelo, sono una brutta razza. Solo coppiette in giro, mai uno che lo vedi andar da solo. Ci sono le coppiette paleolitiche, che si sopportano dalle superiori, e quelle di primo pelo: le riconosci subito, da come si baciano. S’azzannano, sembra»): una celebrazione, ironica e spesso modulata sui toni di un basso continuo borbottante, del tempo finalmente svuotato, purificato, che la modernità industriale ci ha sottratto e che Marcello, un po’ riservato Don Chisciotte, un po’ eroe tra il Buzzati di Un amore e il Tondelli di Altri libertini, vuole recuperare, unicamente interessato a questa Dulcinea che a stento gli ricambia gli sguardi. Ragazza senza prefazione rivendica il tempo con fiero anti-efficientismo come spazio di una “stanza tutta per noi”, un radicale e però tenero anticonsumismo proprio rispetto all’impiego delle ore, sia quelle della giornata, sia quelle della memoria, quelle dell’anima, insomma, così dell’autore del racconto come di chi si fermi ad ascoltarlo. Lunga vita, dunque, all’aedo Tosi.