La recensione
Il volo dell’occasione, Filippo Tuena torna in libreria
Uscito con Longanesi nel ‘94, poi con Fazi dieci anni dopo, torna in libreria edito da TerraRossa ‘Il volo dell’occasione’ di un autore conosciuto e apprezzato da critica e lettori come Filippo Tuena. Ci si può innamorare di una donna algida, enigmatica, fasciata dal capriccio di pochi sì sconfessati l’attimo dopo dai vari no, inafferrabile e nebulosa come un’apparizione? Che ciò che sia misterioso è anche erotico non è una novità, e infatti eccolo il desiderio. Siamo nella Parigi degli anni ’90 e la voce narrante matura un’ossessione per Renant: un signore distinto, elegante, con un velo inestirpabile di malinconia nel suo sguardo.
Qual è il seme di questo presente d’umiliazioni che lo costringe a un amore non corrisposto, e al dolore di un sentimento che non si può ingannare né mettere da parte per trarsi in salvo e per passare oltre? Basta inquadrare Renant nella scena d’apertura, in cui Tuena ce lo presenta al cospetto di un rigattiere tutto intento a recuperare un oggetto perduto o smarrito o magari, chissà, venduto a sua insaputa. Fin dall’inizio, Renant riesce a parlarci non dall’alto d’una storia mirabolante e singolare, ma dal basso della comune tribolazione di chi sconta un rifiuto.
È un sentimento d’empatia verso il protagonista che l’autore ci consegna immediato. La storia invece si dipana lentamente, aggiungendo un frammento dopo l’altro nella cottura di un brodo fin dalle prime pagine insaporito dai rimpianti, ma anche dalla fiducia che le cose prima o poi possano tornare a girare nel verso giusto. È un’illusione, questa disperata speranza di un innamorato? Una condanna, di certo lo sembra. Tanto che siamo invogliati a capire di più e ancora. Nel frattempo, distante dal pungolo che è quel dolore inguaribile, Tuena si permette un ragionamento: “Li conosco quei tipi, quelli che vanno alla ricerca del passato. Quelli che inseguono una sorta di rivalsa, di vittoria contro le avversità. Innamorati del passato, vorrebbero tornare a quei tempi felici. Illusi. Non sanno che nulla è ripetibile, nulla ritorna.
Perdiamo tutto, né ripossedere qualcosa che abbiamo amato ci restituisce il tempo in cui abbiamo amato.” Che si tratti di un vecchio orologio o di una donna, è una logica che resta inappuntabile, e non cambia. È qui che si concentra l’umore del romanzo: nell’impresa antieroica di cogliere e di trattenere, nell’utopia di un possesso che duri per sempre e nel miraggio di una vita vissuta senza scosse. Lo strappo, nel caso di Renant, ha un nome e un volto preciso: quello di un uomo turco più giovane e più ricco di lui, Altay. È colpa sua, se Blanche, l’oggetto del contendere, è andata via. O forse sarebbe bastato chiunque, un uomo qualsiasi, per costruire questo triangolo amoroso dentro cui la donna si muove a suo agio, bella, fresca e feroce.
Il narratore, quanto chi legge, assiste allo sviluppo di ciò che accade quasi stesse guardando un film: è una storia che gli si mostra senza ostacoli e con semplicità, così come semplice è la tristezza che segue a una notte d’amore, così com’è semplice è la coda malinconica che una notte d’amore, sopraggiunto il giorno, porta con sé. Ad accelerare il passo, nella canonicità del triangolo sentimentale, interviene l’archetipo della violenza: la morte che segue, in un melodramma, alla gelosia. Ma non è questo il punto su cui Tuena gioca con la sua scrittura.
Ciò che si disvela di fronte agli occhi di guarda e spia o indaga, fa aumentare la temperatura degli avvenimenti ma, in realtà, sta in quello che si rende ancora più inafferrabile a restituirci il sentimento dominante della storia. È l’impossibilità d’afferrare il tempo che sfugge. È l’umana spinta a combattere contro la fine di un’occasione perduta. È il ruolo che i fantasmi hanno nella vita di ciascuno di noi. Poco importa, poi, se i fantasmi sono proiezioni di futuro, desideri, o al contrario l’oscuro rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato. Il tempo scorre come certi amori: è imprendibile, mentre le occasioni si allontanano senza lasciar sperare in un ritorno.
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