Il Riformista ha inaugurato ieri a Roma la prima delle cinque giornate di raccolta firme sui Referendum Giustizia giusta: sei quesiti per cambiare un sistema che da troppo tempo non funziona. Dopo il successo di Napoli, dove le adesioni hanno sfiorato quota tremila, si replica nella Capitale. Lo stand del Riformista sarà presente in Piazza Cardelli dalle 9,00 alle 13,00. Oggi alle 12 si terrà una conferenza stampa con il direttore Piero Sansonetti per spiegare le ragioni dell’adesione del nostro giornale all’iniziativa referendaria promossa dal Partito radicale e dalla Lega. Sarà presente anche Luca Palamara, primo ex consigliere del Csm a essere radiato dall’ordine giudiziario, colui che per primo ha squarciato il velo di Maya rivelando gli scandali interni alla magistratura, dove a decidere nomine e carriere è l’appartenenza a una corrente piuttosto che a un’altra.

Non ci sono dubbi, quindi, sulla necessità e l’urgenza di riformare la giustizia. I sei quesiti prevedono la separazione delle carriere dei magistrati, l’abolizione del decreto Severino, un’equa valutazione dei magistrati, limiti all’abuso della custodia cautelare, la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e la responsabilità diretta dei magistrati. Firmare è il primo passo per far sì che si tenga il referendum, si deciderà poi se votare per il sì o per il no, intanto si guadagna la possibilità di esprimersi su temi estremamente importanti e che toccano da vicino tutti noi.
Il Governo e il Parlamento devono al più presto intervenire per riabilitare, rendere efficiente e giusto un sistema sempre più in affanno, che sta perdendo, giorno dopo giorno, credibilità di fronte ai cittadini. La magistratura, in particolare, vive una crisi che non ha precedenti nella sua storia e gli ultimi fatti di cronaca non fanno altro che confermarlo.

La separazione delle carriere dei magistrati è fondamentale per garantire l’imparzialità del giudice e quindi, una giustizia giusta. Oggi, infatti, il sistema consente al magistrato di transitare dalla funzione giudicante a quella requirente, facendo sì, quindi, che nel corso della propria carriera possa ricoprire il ruolo di pubblica accusa e di giudice. Questo meccanismo, fondato su una non distinzione dei ruoli nell’ordinamento giudiziario, rischia però di generare pericolosi condizionamenti dai quali la cultura del giudice deve restare immune. La vittoria del “Sì” consentirebbe di salvaguardare tale cultura. Ogni cittadino dovrebbe avere la certezza di sedere dinanzi a un giudice imparziale e visto che oggi questa garanzia non c’è, è necessaria una riforma. Subito.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.