L’Italia sta vivendo una grave crisi politica, anzi meglio si dovrebbe dire una profonda crisi della politica, e paradossalmente proprio per questo sarebbe opportuno affrontare alcuni nodi irrisolti sul terreno della giustizia e del diritto. Mi capita di ripetere ossessivamente che la legge 180, conosciuta come la legge Basaglia, fu approvata dal Parlamento il 13 maggio 1978, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro ignobilmente assassinato. La politica, non imprigionata dalla emergenza del terrorismo, seppe rompere i muri dei manicomi. Oggi in piena pandemia bisognerebbe avere la stessa forza e passione.

Quattro anni fa con una mobilitazione dal basso, costruita dal cartello StopOpg, si realizzò una vera rivoluzione, la chiusura dei manicomi giudiziari, luoghi dell’orrore dell’internamento. Ora dopo un numero significativo di anni di funzionamento della riforma, si può fare un bilancio e indicare le criticità e i passi necessari per evitare una burocratizzazione e un arretramento. L’esperienza delle Rems, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza presenta un quadro che può far inorgoglire soprattutto le persone che hanno lavorato per il successo di una scommessa di civiltà, basata su capisaldi precisi (territorialità, numero chiuso, durata fissa della misura di sicurezza, rifiuto della contenzione).

1.500 persone transitate nelle 32 Rems, quasi mille uscite dopo una permanenza breve e finalizzata al recupero, 650 presenze sono i numeri che smentiscono chi insiste per l’aumento dei posti disponibili e delle strutture. Sono state agitate strumentalmente le liste d’attesa, la loro dimensione, senza porre il nodo del peso abnorme delle misure di sicurezza provvisorie e tacendo il fatto che nessun caso grave è stato abbandonato e non risolto. Tutto bene? Purtroppo no. I responsabili delle Rems hanno indicato le difficoltà e hanno offerto precise indicazioni di correzioni indispensabili. Sotto tiro è stata messa l’utilizzazione eccessiva delle misure di sicurezza provvisorie e l’aumento abnorme di proscioglimenti per incapacità di intendere e volere rispetto al periodo finale di apertura degli Opg.

È stato denunciato il rischio di riproporre in sedicesimo la commistione di soggetti assai diversi nelle Rems come accadeva negli Opg, snaturando il principio dell’extrema ratio e il carattere di comunità terapeutica in favore di un deposito di corpi. L’approfondimento e la riflessione su tutto questo patrimonio di idee e suggestioni mi ha convinto che la strada giusta sia davvero quella del superamento del doppio binario. Incidere sull’articolo 88 del Codice penale è in linea coerente con il testo, e il contesto, della legge 81 che in un punto fondamentale lega la durata della misura di sicurezza alla previsione della pena massima per il reato commesso (solo in caso di pena dell’ergastolo la misura di sicurezza è infinita o senza fine). Se si è scelto un nesso tra misura di sicurezza e reato, o meglio di avere qualificato il fatto come reato è coerente scegliere la via del giudizio, non per arrivare a una pena dura o esemplare ma per affermare una responsabilità, anche se affievolita, che ha sicuramente un valore terapeutico.

Il 18 e 19 settembre la Società della Ragione organizzò a Treppo Carnico un seminario su questo tema. Oggi pomeriggio con un appuntamento on line presenteremo il risultato di una discussione che ha coinvolto giuristi, avvocati, psichiatri, operatori e militanti della associazioni impegnate nella conquista di diritti civili e sociali. L’obiettivo è quello di presentare in Parlamento una proposta di legge che cancelli le norme del Codice Rocco.