L'harakiri di Renzi
Renzi ma cosa hai combinato? Così metti a rischio il nostro futuro
Ci deve essere un Bagno Papeete anche sulla ridente riviera della Versilia, dove Matteo Renzi si reca a riposare le fatiche di un cervello vulcanico che sforna idee a ciclo continuo tanto da perderne il conto e il controllo. Non si spiega altrimenti – che sia colpa del destino di chiamarsi Matteo? – come abbia potuto il senatore di Rignano seguire la sorte di Salvini, mandandosi a fare in c..o da solo. Certo, non ci voleva molto a capire che nell’impegnarsi accanitamente – nonostante gli avvertimenti degli astanti – a segare il ramo su cui si è seduti, si finisce per fornire a Isaac Newton un’ulteriore dimostrazione della legge di gravità. Ma il giovane caudillo, padre e padrone delle sue ministre, non ha saputo fermarsi al momento giusto e ha trasformato una possibile vittoria politica in una clamorosa sconfitta. Per chiarezza, le scene di questo scorcio del mese di gennaio sono state tutte rappresentate sul teatrino della politica. Ma essendo questo il terreno di gioco occorre riconoscere che l’ex premier aveva colto nel segno e avanzato delle critiche giuste e opportune (sia pure con l’arroganza di battezzare CIAO un documento in cui metteva a soqquadro la bozza del Recovery fund predisposta dal governo); e che facendo la voce grossa – anche per conto di chi nella maggioranza riusciva solo a balbettare – aveva persino ottenuto dei risultati.
Gli alleati, poi, erano disposti a concedergli tutto ciò che chiedeva, tranne che un governo migliore. Non per cattiva volontà o per brama di potere del premier venuto dal nulla; ma perché un governo migliore nell’attuale Parlamento, con queste forze politiche non esiste. Se non c’è il “meglio” nessuno può promettere di farlo. Poi avere un esecutivo più adeguato è davvero una priorità? Non credo. È essenziale un governo europeista, antisovranista e antipopulista; quanto al resto, bisogna accontentarsi di ciò che passa il convento e mantenere in funzione il pilota automatico della Ue. Diciamoci la verità. Perché lassù, nel rigoroso Nord-Europa qualcuno ha preso ad amarci?
All’Italia viene assegnata, nella ripartizione del “tesoretto”, la quota più consistente, non solo perché è stata maggiormente colpita dalla pandemia. Per Bruxelles l’Italia è in prima linea nella battaglia contro il sovranpopulismo. Non perché abbia delle tensioni eroiche, ma perché il nostro Paese si è trovato in quel ruolo dopo le elezioni del 2018. Così l’Europa ha investito su di noi, dopo che la maggioranza giallo-verde si è affondata da sola e in Italia è diventato europeista (sia pure a modo suo) persino il M5s (Conte è arrivato addirittura a fare appello alle forze europeiste, chiedendone l’appoggio al governo). Con la caduta della “maggioranza Ursula” in Italia, sarebbe in pericolo l’intera operazione del Next Generation Eu. Ve li immaginate gli elettori tedeschi – con le loro gatte da pelare – o quelli dei c.d. Paesi frugali, disposti a finanziare con le loro tasse un governo Salvini-Meloni? È la politica, bellezza!
Nell’immediato dopoguerra le risorse del Piano Marshall (il cui ammontare complessivo era sottomultiplo del “pacchetto” Recovery) non sarebbero mai andati a un governo avversario degli Usa (anche se per la verità storica fu Stalin a imporre ai “paesi satelliti” di rifiutare lo “sterco” del capitalismo, in nome – sic! – della sovranità nazionale). Renzi è stato il primo a cogliere l’occasione di sparigliare la coalizione giallo-verde proprio per questi motivi (resi in seguito ancora più stringenti dopo lo scoppio della pandemia) oltreché (scusate se è poco) per non consegnare alla destra sovranpopulista l’elezione del presidente della Repubblica. E i fatti gli hanno dato ragione nel quadro politico di allora. Ma quelle priorità non sono venute meno e non c’è nulla di più importante che tenere il più a lungo possibile quei fronti. Soprattutto ora che è caduto, nella centrale di comando del sovranismo antieuropeo, Donald Trump. Per quante ragioni di disagio e di critica potesse avere Italia Viva (ovvero il suo leader), il gioco non valeva la candela.
L’intemerata di Renzi ha messo in pericolo il futuro prossimo degli italiani, rischiando le elezioni anticipate, la vittoria della destra-destra e di conseguenza la consegna nelle mani di Salvini e Meloni del malloppo di 209 miliardi dell’ex Recovery Fund che, probabilmente, non l’avrebbero neppure voluto (e non glielo avrebbero neppure erogato). Sostenere come fanno oggi le vedove di Renzi che alle elezioni anticipate non ci saremmo andati comunque è da irresponsabili, perché quando si apre una crisi al buio si brancola nelle tenebre, prima di tornare a vedere la luce. Comunque questa inutile messa in scena è passata.
Il governo è sicuramente più debole, ma ha ottenuto una netta maggioranza assoluta alla Camera e una relativa al Senato. Due voti che – sulla base di illustri e numerosi precedenti – gli consentono di proseguire in maniera conforme alle norme e alla prassi costituzionali. Quella di Conte è una vittoria di Pirro? Lo vedremo. Di certo, per adesso, è una sconfitta di Renzi. Infine, basta con i moralismi d’accatto. Un giorno forse ci accorgeremo che lo stellone ha protetto l’Italia anche in questi anni, grazie a due persone: Sergio Mattarella e Giuseppe Conte. In un paio di anni vi è stato un vero e proprio sovvertimento della linea di condotta nei confronti dell’Unione europea.
L’Italia, paese candidato a guidare l’assalto a Bruxelles in nome di un nazionalismo farlocco (in verità, l’operazione non era andata come sperava il Capitano, tanto da restare isolato e in quarantena nel Parlamento europeo), ha cambiato fronte e ora prosegue la lotta, ma dall’altra parte della barricata. Questo cambio di posizione fu salutato con grande favore in tutto il mondo, dalle Cancellerie alle istituzioni internazionali. Il solo fatto che Salvini si fosse tolto di mezzo, aveva già premiato il nostro Paese prima ancora che il nuovo governo avesse trovato il tempo di dire “beo”. È trasformismo, questo? Sono problemi che Conte dovrà risolvere col suo confessore. Il Paese ci ha comunque guadagnato.
Poco più di un anno fa ci ha lasciati un “grande vecchio” del giornalismo, un amico, Giampaolo Pansa, il quale non si era mai fatto impressionare dai nuovi leader della transizione verso il nulla del nostro sinistrato sistema politico. Seppe prendere le misure, fin dall’inizio della sua ascesa al potere, a Matteo Renzi; ne denunciò l’arroganza, l’astuzia contrabbandata per intelligenza, il pressapochismo nei principi. Oggi il Matteo 2 è diventato l’avversario di quanti pretendono di ottenere i “pieni poteri”: ieri Salvini, oggi Conte. Facciamo un passo indietro di qualche anno e mettiamo a fuoco il “combinato disposto” della revisione della Costituzione con la legge elettorale (Italicum). Era un progetto fatto apposta per un “uomo solo al comando”. Tanto che, senza alcun motivo di carattere legislativo, la bocciatura nel referendum della “riforma Boschi” comportò anche l’accantonamento della legge (ordinaria) elettorale benché fosse stata approvata in via definitiva.
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