Io metto una Ferrari e tu uno scolapasta. Però l’Amministratore di questa nuova società lo designo io che ho conferito uno scolapasta. Così ragionavano fino a qualche tempo fa alcuni esponenti di Governo e di società minori delle telecomunicazioni. Tim può stare simpatica o antipatica ma i valori in campo, parliamo della evocata rete unica di telecomunicazione, sono abbastanza evidenti. Tim è un colosso. La sua rete, che ha bisogno di modernizzazione, copre comunque il territorio italiano. È frutto di investimenti storici. Ad essa si dedicano 20mila dipendenti, un numero rilevante in un mondo in cui di gruppi con grandi numeri di dipendenti ce ne sono sempre meno.

Serve una rete unica di telecomunicazioni? Certamente si. I Governi di sinistra del passato hanno realizzato delle vere follie. Quando Renzi arrivò a Palazzo Chigi, per ragioni che un giorno o l’altro dovrà spiegare, per fare concorrenza a Tim ordinò a Enel, un gruppo a controllo pubblico che si occupa di energia, di realizzare una rete di telecomunicazioni. È come se qualcuno avesse ordinato a Fincantieri, che fa navi, di realizzare una seconda autostrada per collegare Roma a Milano accanto a quella esistente. Se uno avesse detto a chi fa navi di fare strade, peraltro accanto a tracciati già esistenti, sarebbe stato internato in un manicomio. Renzi invece gira ancora a piede libero. Ma prima o poi dovrà rispondere di questa vicenda. Tim ha anche contestato l’andamento di alcune gare che si svolsero per finanziare la diffusione della banda larga nelle aree meno appetibili per le grandi società. Ma la vicenda evaporò rapidamente.

Da tempo sostengo che una rete unica è necessaria per il Paese, unendo le forze in campo, ma riconoscendo il valore di ciascuno dei soggetti coinvolti. Se uno conferisce una rete capillarmente diffusa deve avere una posizione in questa nuova società pari al valore apportato, se uno aggiunge realtà minori non potrà che avere un peso più ridotto. Sembra banale doverlo spiegare. Ma l’attuale Governo ci ha messo molto tempo ad arrivarci. Alcune vecchie volpi che manovrano Open Fiber, la società che Renzi impose a Enel di creare, vorrebbero addirittura comandare sui beni altrui. Qualcuno sognava addirittura di espropriarli.

Che la rete di comunicazione abbia una valenza strategica per il Paese è assolutamente ovvio. Pensate quanto è importante oggi potersi connettere o meno a internet. Pensate che sulla rete passano anche tutti i collegamenti della protezione civile, del pronto soccorso, delle forze di polizia. Una attenzione forte alla natura strategica ci deve essere. Ma non una statalizzazione. Molti hanno scoperto in questi giorni che esistono già luoghi dove definire regole per un accesso imparziale alla rete per tutti gli operatori. Si tratta dell’autorità delle comunicazioni, che insieme – per altri aspetti – all’antitrust, può e deve intervenire per fissare le regole.

E ciò avviene da anni ed anni. Molti operatori possono usare, come è giusto che sia, la rete Tim, che deve essere aperta con norme ben definite e senza abuso di posizione dominante. Se poi Tim rischiasse di passare sotto controllo straniero non è vero che il Governo si troverebbe impotente, senza possibilità di intervento. Esiste in Italia la normativa della Golden Power, che consente all’esecutivo di impedire acquisizioni che siano in contrasto con un primario interesse nazionale. Ed allora per fare questa società della rete si è finalmente scoperto che si debbano rispettare alcuni principi e che si possono applicare regole già vigenti. Ciascuno deve pesare per ciò che conferisce, principio che vale pure se si unisce una tabaccheria con un’edicola di giornali.

L’accesso alla rete deve essere garantito a tutti con condizioni eque e non vessatorie, e a questo deve provvedere, non da oggi, l’autorità delle comunicazioni. Bisogna utilizzare fondi pubblici per coprire le aree del Paese meno appetibili sotto un profilo commerciale, ma da rispettare e da connettere come il centro storico delle più grandi aree metropolitane. Gli assetti di questa nuova società non potranno che rispettare il valore delle partecipazioni. Poi nel tempo, aumenti di capitale, apporti finanziari di soggetti pubblici o privati potranno, come in qualsiasi società, modificare gli equilibri.

Ma far comandare il proprietario di uno scolapasta sul proprietario di una Ferrari era una roba che non si poteva sentire. La verità è che girano intorno a questa vicenda persone che agiscono in maniera dannosa per crassa ignoranza (tra i grillini ce ne è una quantità industriale), altri invece, soprattutto nel mondo imprenditoriale, sono in perfetta malafede e tentano di comportarsi da lestofanti approfittando dell’ignoranza dei livelli di Governo. Bisogna agire con trasparenza, portando la discussione in Parlamento e allontanando somari e imbroglioni. Una rete più moderna serve al Paese. Il caos causato da troppi ha creato invece soltanto danni.