Ettore Rosato, vicesegretario di Azione, è particolarmente soddisfatto per il congresso che si è concluso a Roma: tra il discorso caloroso (e affatto ostile) di Giorgia Meloni e il gran numero di interventi della due giorni, l’appuntamento dei “calendiani” ha lasciato il segno, nel dibattito politico, ben oltre la nicchia del 3% di elettorato che rappresenta.

Che bilancio trae del congresso di Azione?
«Molto positivo. oltre alla scontata riconferma della leadership di Carlo Calenda è stata l’occasione per marcare con forza il nostro essere alternativi ai populismi di destra e sinistra. Serve un centro forte che sappia rompere questo bipolarismo che si fonda sul non scegliere e non riformare nulla».

Tra Meloni bis e Conte ter, Maria Elena Boschi sceglie Conte. Voi di Azione, invece?
«Italia Viva ha scelto legittimamente di entrare in coalizione con le forze della sinistra. Noi di restare dove gli elettori ci hanno messo: al centro, dove non scegliamo tra Conte e Meloni ma votiamo i provvedimenti per quelli che sono, senza rinnegare le nostre battaglie garantiste, le posizioni in difesa del popolo Ucraino, la ragionevolezza e l’urgenza di impegni internazionali per una politica di difesa nazionale ed europea».

Ma sareste interessati ad entrare al governo, data la straordinarietà della situazione internazionale?
«Non siamo assolutamente interessati a entrare in maggioranza e non ci entreremo. Voteremo a favore a quello che crediamo giusto, contro a quello che consideriamo sbagliato, esattamente come gli elettori ci hanno chiesto. E chiediamo a Forza Italia di non cedere ai populismi delle non scelte per accontentare la Lega. L’Italia deve essere protagonista in questa stagione in cui si scrive la nuova Europa, spetta a loro più di altri pretenderlo dal Governo».

C’è ancora spazio per un terzo polo?
«C’è spazio, lo abbiamo sperimentato alle ultime politiche. Lo sperimentiamo ogni giorno di più, soprattutto perché davanti a questo caos internazionale, le cui vie di uscita saranno la guida della politica dei prossimi anni, possono convivere partiti che hanno una linea diametralmente opposta in politica estera? Io penso di no».

Puntate a un chiarimento delle posizioni?
«Puntiamo all’aggregazione delle forze europeiste. Che possa presentarsi al paese dicendo chiaramente che c’è bisogno di un’Europa più forte, a schiena dritta con gli Stati Uniti, che restano i nostri alleati. C’è bisogno di cancellare la demagogia nelle politiche economiche del governo e di un po’ di pragmatismo e di efficienza».

Tornando alle urne per promuovere un gabinetto di guerra, quindi?
«Non userei quel termine. Semmai un gabinetto di pace. Sapendo però, sia chiaro, che l’unico modo per prepararsi alla pace è essere pronti per la guerra».

Azione è anche il partito dell’autonomia energetica, del nucleare.
«Siamo anche il partito delle energie rinnovabili da togliere ai veti della politica e della burocrazia. I Cinque Stelle appena sono andati al governo in Sardegna hanno detto no alle energie rinnovabili sul 99% del territorio».

E il premierato?
«Una scelta che fatta così convince poco anche la maggioranza. Non basta il titolo: bisogna anche vedere come si fanno le cose. Scritta così, è una riforma inapplicabile».

Il Parlamento può essere efficientato con una Camera sola da 600 membri, come propone Marattin?
«Prima di Marattin ci abbiamo rimesso le penne con il governo Renzi. Nel mio piccolo, me ne sono accorto appena arrivato in Parlamento: il bicameralismo così com’è oggi non ha alcun senso. Ma dobbiamo passare per un consenso ampio. E personalmente penso, per come si è evoluta la politica in Italia, che può arrivare solo con una costituente eletta con un sistema elettorale proporzionale puro che lavori al di fuori dello scontro quotidiano della politica. In maniera distaccata dai lavori parlamentari e capace di dare una risposta al tema delle riforme in modo più condiviso possibile».

Azione è da sempre in prima fila per l’Ucraina. Qual è la soluzione che indicate?
«C’è una sola soluzione: una pace giusta. Che non va confusa con la resa. E per arrivarci bisogna che l’Ucraina ci arrivi con il sostegno europeo. Oggi si apre uno spiraglio. Va colto. Come ci hanno fatto capire le dichiarazioni di Putin, alla pace si può arrivare solo se al tavolo siederà anche l’Europa».

Spronerete il governo a mandare un contingente di peacekeeper in Ucraina?
«Inutile spronare una cosa che sappiamo non avverrà mai. La Lega e i Cinque Stelle i soldati li vorrebbero mandare sul lato russo, i militari. Magari per supportare le attività di formazione, eh…».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.