Per Claudio Durigon l’uscita dal governo Draghi si fa sempre più concreta. Il sottosegretario all’Economia della Lega, che voleva togliere l’intitolazione del parco di Latina a Falcone e Borsellino per concederlo nuovamente al fratello di Mussolini, Arnaldo, sembra avere le ore contate.

“Ragioneremo su quello che è più utile fare per lui e per il movimento, per l’esecutivo e l’Italia”, aveva detto ieri dal palco del Meeting di Rimini di CL Salvini, una tesi ribadita anche questa mattina dagli studi di Agorà su Rai3.” Incontrerò Claudio Durigon e valuteremo insieme come andare avanti, nella massima serenità, nel bene suo e del Paese”, ha detto il segretario del Carroccio.

Una mossa, quella di Salvini, quasi obbligata. Non c’è infatti solo l’irritazione del premier Mario Draghi per la situazione che rischia ancora una volta di sfaldare la maggioranza già litigiosa. Anche all’interno della Lega Salvini deve fare i conti con un isolamento sempre maggiore nella difesa strenua di Durigon.

Il sottosegretario è stato criticato e scaricato da autorevoli esponenti del partito: pubblicamente da Roberto Marcato, mister preferenze in Veneto e assessore di Zaia, che ha tuonato contro Durigon ricordando che “dentro la Lega non c’è spazio per i fascisti, vanno buttati fuori”. Ma silenzi eloquenti sono arrivati da altri big del Carroccio: da Giancarlo Giorgietti allo stesso governatore Zaia, fino a Massimiliano Fedriga, numero uno del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza Stato-Regioni.

Secondo il Fatto Quotidiano per Durigon sarebbe in arrivo un ‘risarcimento’ di livello se accetterà la richiesta di passo indietro. Per l’ex sindacalista dell’Ugl, l padre di “Quota 100”, ci sarebbe la candidatura a presidente della Regione Lazio, al voto nel 2023.

LE ACCUSE A LAMORGESE – L’altro fronte caldo in casa Lega è quello delle accuse al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, da giorni nel mirino del suo predecessore Salvini. Il leader del Carroccio anche oggi, da Agorà, non ha mancato di lanciare stoccate: “La Lamorgese deve cominciare a fare il ministro perché gli italiani non se ne stanno accorgendo”, spiegando poi di aver chiesto a Draghi un incontro a tre con lo stesso premier e la titolare del Viminale. “Se il ministro è capace lo faccia, se ha voglia lo faccia altrimenti lasci il posto a qualcun altro”, ha aggiunto Salvini.

D’altra parte le ‘fiches’ in mano al numero della Lega sono pochissime. Il Carroccio infatti non potrà mai sostenere la possibile mozione di sfiducia che Giorgia Meloni porterà in Aula contro Lamorgese, mentre è chiaro che Draghi non rinuncerà al ruolo del ministro in uno scenario internazionale come quello attuale, nel bel mezzo della crisi afghana.

Avatar photo

Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia