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Sanità, allarme per i tagli: la spesa cresce e mancano investimenti nel personale

Quella della sanità è un’emergenza seria e reale, non uno spot da ripetere preoccupati al megafono a favore di telecamere. Sarebbe quindi opportuno che ai proclami seguissero azioni concrete in grado di riconoscere davvero importanza a un settore sempre più penalizzato. Una situazione inaccettabile che però continua a essere all’ordine del giorno: mancano medici, c’è bisogno di infermieri, le liste d’attesa restano lunghe, è pesante la mole di rinunce a esami e screening oncologici. Circostanze non più tollerabili che andrebbero prese di petto adesso, senza procrastinare ulteriormente un’agonia che sta colpendo i cittadini.
In questi giorni il dibattito politico si è animato sul definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale: da una parte l’opposizione accusa il governo di aver tagliato risorse; dall’altra i partiti di maggioranza puntano il dito contro chi ha già guidato l’Italia in passato. Nella Nota di aggiornamento al Def viene scritto nero su bianco che la Legge di Bilancio 2024 riserverà spazio, tra le altre cose, a stanziamenti per il triennio 2024-2026 da destinare al personale del sistema sanitario; sul tavolo vi è un disegno di legge sul potenziamento dell’assistenza territoriale nel SSN e un altro sul riordino delle professioni sanitarie.
Alle polemiche politiche si aggiunge l’analisi indipendente effettuata dalla Fondazione Gimbe sulla Nadef 2023 relativamente alla spesa sanitaria. Utile non solo in vista della discussione sulla manovra di fine anno, ma anche per verificare la coerenza tra le dichiarazioni programmatiche e le stime tendenziali. Prendendo in considerazione il Previsionale 2023, si afferma che rispetto al 2022 la spesa sanitaria aumenta del 2,8% (in termini assoluti di 3.631 milioni di euro) ma si riduce dal 6,7% al 6,6% in termini di percentuale di PIL.
Quanto al Previsionale 2024-2026, a fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 3,5%, viene stimata la crescita media della spesa sanitaria all’1,1%. L’andamento del rapporto spesa sanitaria/PIL parla chiaro: si passa dal 6,6% del 2023 al 6,2% nel 2024 e nel 2025, per poi arrivare al 6,1% nel 2026. Duro il giudizio del presidente Nino Cartabellotta: «È del tutto evidente che l’irrisorio aumento della spesa sanitaria di €4.238 milioni (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo». In sostanza le stime previsionali della Nota di aggiornamento al Def 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 «non lasciano affatto» intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma «certificano evidenti segnali di definanziamento». Per Cartabellotta non ci sono dubbi: i numeri della Nadef 2023 sono la testimonianza che, «in linea con i Governi degli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta affatto una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo».
Daniela Sbrollini di Italia Viva propone di riaprire i termini per ottenere il Mes sanitario. Elly Schlein, segretario del Partito democratico, accusa Giorgia Meloni: «Continua a prendere in giro le persone». Invece il presidente del Consiglio è tranquillo: «Sarebbe miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Bisogna avere un approccio più profondo anche su come le risorse vengono spese».
La grave crisi di sostenibilità del SSN e l’equità di accesso alle prestazioni sanitarie vanno affrontate con serietà e tempestività. Limitarsi ai buoni propositi teorici non servirà a risolvere un annoso problema che si riversa ancora oggi sugli italiani.
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