La notizia del rinvio a giudizio per “false comunicazioni sociali” di Daniela Santanchè nel caso Visibilia scuote la maggioranza e alimenta le trombe delle “opposizioni” che anche in questo caso non hanno mancato di far emergere la solita patina “giustizialista” che da trent’anni a questa parte fa da cornice al nostro dibattito politico.

Di certo, benché dalle parti della Ministra del Turismo facciano trapelare una certa “sorpresa” per la decisione del Gup di Milano – il che è umanamente comprensibile – sul piano politico la sorte della Santanchè un tema caldo per il governo, e per la maggioranza più in generale. Sul punto la Presidente del Consiglio è stata chiara sin da subito, ribandendo che avrebbe atteso l’epilogo della vicenda giudiziaria, ribadendo quella è la linea garantista dell’esecutivo. Del resto il rinvio a giudizio non è una condanna, o per meglio dire non lo dovrebbe essere, ma l’Italia si sa è quel paese in cui si è riuscito a trasformare uno strumento come “l’avviso di garanzia” a tutela dell’indagato in una apodittica certezza di colpevolezza sul piano sociale, figuriamoci un “rinvio a giudizio”.

Per il legale della Ministra si tratta di una “una decisione che ci aspettavamo, ma che lascia l’amaro in bocca. Dimostreremo nel processo l’estraneità della ministra Santanchè dalle accuse”. Da sinistra infatti è subito partito il fuoco incrociato nel chiedere alla Presidente del Consiglio di intervenire qualora la ministra seguitasse a non voler fare un passo indietro. Primo su tutti ad attaccare è stato Nicola Fratoianni, seguito a ruota da Elly Schlein e Giuseppe Conte che si è chiesto se “Meloni continua a fischiettare?”. L’ex Premier ha persino inaugurando una visione neogrillina del più tradizionale giustizialismo, o almeno è questo che emerge dal proseguo delle sue dichiarazioni: “Noi insistiamo per le dimissioni immediate della Ministra, senza volere anticipare l’esito dei processi penali”.

Il giustizialismo sembra essere ancora il terreno di caccia prediletto dalla sinistra, e dai grillini, che anche su questo stentano a cogliere quel radicale cambiamento di percezione che è avvenuto nel nostro paese, come diretta e naturale reazione alla dottrina “manettara” che per decenni ha infestato il dibattito politico. Ovviamente si tratta del solito giustizialismo da applicare esclusivamente sul piano dei cosiddetti “white-collar crime”, che fanno notizia e hanno risvolti utilizzabili per finalità che con la giustizia hanno poco a che vedere. All’offensiva dell’opposizione ha replicato compatta la maggioranza, “Siamo garantisti sempre non da oggi: si è innocenti fino alla condanna definitiva” spiega il comunicato di Forza Italia che esprime “fiducia al Ministro”, così anche il carroccio che un proprio comunicato ammonisce “si è colpevoli dopo tre gradi di giudizio”.

Da Fratelli d’Italia è Carlo Fidanza a mettere nero su bianco che la “valutazione su Santanchè spetta totalmente al Presidente del Consiglio insieme al Ministro”, si tratta per il capodelegazione di Fdi all’europarlamento di “una questione che lascia perplessi”, ma che deve essere valutata con “serenità”. La palla politicamente nelle mani di Giorgia Meloni, che ora dovrà confrontarsi con Daniela Santanchè sul da farsi, in vista dell’immediato futuro che vede il governo impegnato nella realizzazione delle dei punti focali del programma e con il rischio che la vicenda diventi il pretesto per le opposizioni di aumentare la gazzarra politica, cosa che la Premier probabilmente preferirebbe evitare, anche nell’ottica di possibili contraccolpi con il “Colle”.

Per il governo e per la maggioranza in generale si tratta dell’ultima pedina sensibile, dell’ultimo tassello disconnesso in un esecutivo che anche negli ultimi innesti sembra aver trovato una granitica compattezza. La vicenda Santanché ha avuto anche l’effetto di addormentare almeno per ventiquattro ore la saga veneta in cui in un certo senso è rientrata negli scorsi giorni anche la poltrona che Santanchè potrebbe lasciare libera e che qualcuno ipotizza – siamo alla fantapolitica ma la voce circola – a Luca Zaia, che stando però ad alcune sue dichiarazioni potrebbe anche non accettare. Del resto lui il Ministro l’ha già fatto. È ancora troppo presto per cogliere appieno le prossime mosse, di certo Giorgia Meloni alla fine smentirà tutte le ricostruzioni che fino ad ora sono state artificialmente edificate.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.