“Non so dove buttarlo, questo ci diceva il padrone dopo l’incidente di Satnam Singh“. A raccontare quei drammatici attimi che hanno poi portato alla morte del bracciante indiano è uno dei tre testimone dell’incidente avvenuto nei campi agricoli di Latina il 17 luglio scorso. Si chiama Tarnjit Singh e a Repubblica racconta la brutalità dei caporali, che non definisce razzisti, intenzionati a tutti i costi a liberarsi dell’operaio in nero, nonostante le condizioni disperate, il braccio tagliato e appoggiato su una cassetta delle frutta. Satnam avrebbe potuto salvarsi se fosse stato accompagnato subito in ospedale, così come denunciato anche dalla moglie Soni. 

Il collega, anche lui indiano, ripercorre quella maledetta giornata, iniziata alle 7 del mattino. A lavorare nell’azienda Lovato quel giorno erano in cinque: “Il padrone, Antonello Lovato (arrestato nei giorni scorsi, ndr), Satnam con sua moglie Soni, io e Alessandra, bracciante italiana di 45 anni della provincia di Latina. Lui, Tarnjit, veniva pagato cinque euro e mezzo l’ora, ovviamente in nero. “Di prima mattina avevamo raccolto zucchine, quindi tolto l’erba dai campi dei meloni. E alla fine abbiamo iniziato a riavvolgere la rete che copre gli stessi meloni. Una rete di tessuto, simile al cotone. Tutto in campo aperto, senza alberi intorno”.

Smentito il monologo del caporale al Tg1

Poi poco dopo le 16 l’incidente di Satnam che “era vicino al signor Lovato. Davanti al trattore e a quel vecchio macchinario che avvolge i tessuti per i meloni”. Smentisce la versione fornita, senza replica, al Tg1 di Renzo Lovato, padre di Antonello, secondo cui al bracciante indiano era stato detto di stare lontano dalla macchina avvolgitrice. “Quel lavoro spettava a lui. Come faceva a starci lontano?”.

Impressionante il racconto delle fasi successive al drammatico incidente: “Satnam gridava fortissimo, implorava il cielo di aiutarlo. La moglie e la donna italiana sono corsi verso di lui, ho lasciato il coltello e sono corso anch’io. Aveva il braccio destro staccato all’altezza del muscolo e mangiato in altri due punti. La moglie singhiozzava e diceva a Lovato: ospedale, ospedale”.

Per il caporale il bracciante “era morto, non so dove buttarlo”

Ma per il caporale il suo ‘schiavo’ era “morto” nonostante le insistenze della moglie Soni di chiamare un’ambulanza. Ma la replica è stata agghiacciante, così come racconta Tarnjit Singh: “E’ morto, non so dove buttarlo” le parole di Lovato che poi si avvicina al corpo e si rende conto che respira ancora. Il padrone – così come lo chiama il collega di Satnam – “ha preso il corpo e l’ha portato verso il furgone urlando: “Aprite, aprite”. Nessuno lo faceva, io sono corso ad allargare il portellone posteriore. Credevo lo portasse in ospedale”.

Invece ha scaricato il corpo del 31enne fuori la sua abitazione con il braccio tagliato poggiato su una cassetta della frutta. Il resto è la cronaca di una morte sopraggiunta in ospedale 48 ore dopo l’incidente.

La versione di Lovato che scarica sulla moglie di Singh

Prima di essere iscritto nel registro degli indagati, Antonello Lovato aveva riferito la sua versione: “Non ho chiamato l’ambulanza perché la moglie diceva di portarlo a casa e per questo l’ho caricato sul furgone di famiglia e con la moglie, preso dal panico, l’ho portato a casa, dove sapevo che avevano già chiamato l’ambulanza. Dopo essere arrivati a casa assicuratomi che avevano chiamato l’ambulanza, preso dal panico sono andato via. Poi ho lavato il furgone, non è intervenuto nessuno, ho fatto tutto da solo. L’ho lavato perché c’era del sangue ed ero e sono tutt’ora sotto shock”.

La versione della moglie Soni

Diverso il racconto della moglie di Singh: “Nell’immediatezza ho chiesto a Lovato – afferma la donna nel corso dell’audizione -, di chiamare i soccorsi, ma lui continuava a dire che era morto. Solo dopo aver insistito nella mia richiesta Antonello ha preso un furgone di colore bianco, ha caricato mio marito all’interno dello stesso riponendo l’arto staccato in una cassetta in plastica per poi accompagnarci presso il nostro domicilio. Lovato ha preso in braccio mio marito e lo ha lasciato davanti all’ingresso”. Sul rapporto di lavoro il datore ha poi aggiunto: “Lui non era regolarmente assunto, lo chiamavo al bisogno”.

 

 

Redazione

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