L'esito
Schlein si intesta i voti di un referendum disastroso: per il PD la matematica è un’opinione

Un giorno di cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini scoprì il Palazzo. Si scrive con la maiuscola come il Castello di Kafka ma non gli assomiglia, perché è troppo cupo per il nostro festevole carattere nazionale. Da noi il Palazzo è sempre stato una corte, qualche volta dei miracoli, spesso di manovre più o meno oscure. Tuttavia, per la sua ubicazione sui colli di Roma, notoriamente dal clima temperato, non sarà mai un Palazzo d’Inverno. È quello che dimostra di non aver ancora capito Elly Schlein, pure non certo sospettabile di bolscevismo.
Schlein si intesta i voti di un referendum disastroso
“Ci vedremo alle prossime elezioni politiche”, ha detto con aria di sfida a Giorgia Meloni, forte dei quattordici milioni dei voti che si è intestata con i suoi alleati in un referendum disastroso. Diceva il critico letterario francese Gérard Genette che “il comico è il tragico visto di spalle”. È così. Invece di aprirsi a una seria riflessione sulle ragioni di un risultato beffardo, gli sconfitti cantano vittoria.
Per loro la matematica è un’opinione, la logica una scienza irrazionale, i numeri un optional. Nemmeno quelli inattesi e allarmanti sul quesito più scontato, quello sulla cittadinanza, sembrano aver scosso le solide certezze dei “venditori di emozioni” che si sono esibiti sabato scorso a piazza San Giovanni. Uno dei più ascoltati consiglieri del Pd in un’intervista recente al Fatto Quotidiano si è premurato di spiegare che il campo largo non è solo un confine elettorale.
Il PD dovrebbe pensare a mettere ordine
È piuttosto uno stato d’animo, un sentimento, un’intima sintonia attorno alle idee di progresso, di libertà, di difesa dei poveretti, di uno sviluppo improntato alla valorizzazione dell’ambiente e della radice umana delle persone, di pensiero lungo, come si diceva una volta nelle sezioni del Pci. Ma anche i pensieri lunghi possono avere le gambe corte. Specialmente se sulla questione del lavoro nell’era della rivoluzione digitale, tema fondante di una sinistra degna di questo nome, ci si presenta con una carta d’identità sbiadita dal tempo e, per giunta, rilasciata da un leader sindacale che, prima di parlare di una “crisi democratica” del paese, dovrebbe pensare a mettere ordine e a ringiovanire le idee in casa propria.
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