«Non ricordo che si sia mai verificata una cosa di questo genere. Occorre accertare il o i responsabili di questo gesto grave per i contenuti minatori che esprime. L’autore o gli autori hanno inteso esprimere minacce per turbare le attività giudiziarie, lavorative, amministrative all’interno del Palazzo di giustizi. È indubbio che chi vede quelle scritte ne ricava una forte apprensione. Sono però altrettanto convinto che la totalità degli avvocati sia pronta a fare quadrato come è sempre accaduto nei momenti in cui la funzione difensiva viene minacciata. Gli avvocati sono i primi difensori della libertà di pensiero e, di fronte a queste scritte sui muri che sono minacce, vanno avanti e non arretrano. Nel contempo chiediamo che nel Palazzo di giustizia dove operano tantissimi lavoratori venga garantita la sicurezza e che l’episodio accaduto non resti senza colpevole». Il commento dell’avvocato Alfredo Sorge, penalista e consigliere dell’Ordine degli avvocati di Napoli, sintetizza bene il sentimento e il pensiero diffuso negli ambienti giudiziari napoletani alla notizia delle scritte apparse in più punti del tribunale ieri mattina.

Si tratta di scritte fatte con uno spray di colore rosso, «1.100.000 euro fuori i ladroni» la frase impressa su due pareti interne agli uffici della Camera penale, sulla parete di un ascensore, su quella delle scale che conducono alla sede del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli. E proprio il Consiglio forense è sotto i riflettori: il milione e centomila euro richiamato nelle scritte appare questa mattina sui muri del tribunale è la somma che l’ente dovrà pagare a Ines ed Erario per gli anni di tasse e contributi non versati. Per il momento la vicenda sembra da addebitarsi tutta a una cattiva gestione del direttore amministrativo che dal 2008 per far vedere di far quadrare i conti avrebbe omesso versamenti di imposte fino ad accumulare un debito milionario e non saper più come affrontare la cosa. La scoperta del debito era avvenuta un mese fa per un puro caso e ora è al centro di indagini condotte dalla Procura ordinaria e dalla Corte dei Conti.

Tre consiglieri di opposizione, Sito, Imparato e Pappa Monteforte hanno rassegnato le dimissioni. È chiaro che c’è un clima di grande tensione in seno alla categoria forense napoletana, è anche chiaro che questa vicenda del debito viene cavalcata sul piano politico in vista delle elezioni del nuovo Consiglio previste per gennaio, ed è chiaro anche che ad accrescere notevolmente il malcontento degli avvocati napoletani si è aggiunta la scelta del Consiglio di inviare, subito dopo la scoperta del maxidebito, pec a tutti gli iscritti che risultavano morosi in base ad elenchi non perfettamente aggiornati, sì da creare una situazione di caos che il presidente Tafuri sta provando a risolvere dando incarico a un pool di consiglieri di verificare e gestire i reclami. Moltissimi avvocati, destinatari della pec con cui si sollecitavano gli iscritti a mettersi in regola con il pagamento delle quote associative, hanno già dimostrato di aver saldato il debito nel corso degli anni e altri sono alla ricerca delle carte che possono dimostrarlo.

Fino a questo momento l’Ordine ha recuperato qualcosa come 600mila euro di quote finora non riscosse. Proprio per ieri era fissata la convocazione di alcuni iscritti risultati in archivio come morosi per decidere la loro sospensione dall’albo. Chissà che questo non sia qualcosa di più di una semplice coincidenza, visto che proprio ieri mattina sono comparse le scritte con lo spray sui muri del tribunali. La Procura e la polizia del Palazzo di giustizia stanno indagando sull’accaduto. «Quanto accaduto nei locali della sede della Camera penale è molto grave e va severamente stigmatizzato – afferma il presidente dei penalisti Marco Campora – . La faccenda non va presa sottogamba poiché sintomatica del pesantissimo clima che si è creato tra gli avvocati del Foro partenopeo a seguito delle omissioni contabili riscontrate presso il Consiglio dell’Ordine di Napoli. Il dibattito democratico, anche aspro ed acceso, è sempre da salutare positivamente a patto che esso non si traduca nel dileggio, nella gogna da social, con il conseguente rischio di ledere l’istituzione che, di contro, va sempre salvaguardata. Scrivere calunnie sui muri si traduce invece in un mero gesto di ribellione nichilista che produrrà solo discredito per l’intera categoria degli avvocati». «Questo è un atto scellerato a prescindere dalla motivazione che abbia indotto l’autore o gli autori e gli avvocati tutti devono condannarlo», afferma l’avvocato Gabriele Esposito, penalista e vicepresidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli. «È un vero e proprio oltraggio all’intera classe forense», aggiunge.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).