La morte della mamma Nadia, l’Alzheimer, il Covid, le polemiche sui social per la partecipazione, a poche ore dal decesso, alla trasmissione “Ballando con le Stelle“, l’eutanasia e il sollievo per la scomparsa di un genitore che ha sofferto per anni. Selvaggia Lucarelli affronta a 360 gradi il lutto che l’ha colpita sabato 19 novembre e, come al solito, si esalta quando viene attaccata da quel tribunale dei social che spesso, tuttavia, aizza.

Al centro dell’ultima polemica l’elaborazione del lutto per la scomparsa della madre Nadia, morta a 79 anni per Covid e da tempo sofferente per l’Alzheimer. Per la giornalista e opinionista televisiva va innanzitutto chiarito un aspetto: “Si dà per scontato che la morte di un genitore debba voler dire sofferenza, dolore, che ci si debba chiudere in casa. Io – ha spiegato in una lunga intervista al Corriere della Sera – rifiuto questi cliché sulla sofferenza dovuta. Bisogna dire a chiare lettere che ci si può sentire sollevati, anche se non è il mio caso. Non c’è nulla di dovuto, ognuno elabora il lutto come desidera”.

Lucarelli ricorda che la madre, originaria di Imperia dove martedì 22 novembre si celebreranno i funerali, era una “radicale convinta“: “Manifestava, faceva i banchetti a Civitavecchia per i referendum e ha lottato sempre per una legge sull’eutanasia negli anni in cui il tema non era ancora mainstream. Per me è stata una ulteriore sofferenza aver visto che a un certo punto per lei sarebbe stato un sollievo andarsene un po’ prima, prima di quella fame d’aria . È successo tutto quello che lei non avrebbe voluto, le ultime due settimane sono state un’agonia”.

Ricorda di averla vista l’ultima volta “una settimana fa”. “Nonostante avesse il respiratore cercava ossigeno, aria. E non avrei mai voluto fosse quella l’ultima immagine che ho di mia madre. Non riesco a togliermela dalla testa, ma in realtà va bene così, perché mi ricorda in maniera indelebile cosa significa morire di Covid ancora oggi”. Poi sulla malattia, l’Alzheimer, chiarisce: “I familiari di persone che soffrono di Alzheimer sono in qualche modo preparati. Non che si possa essere mai davvero preparati a perdere qualcuno, ma il momento in cui svanisce l’essenza della persona per quello che è stata, per come tu te la ricordi, è un altro”.

Il riferimento è a “due anni fa, quando abbiamo perso la sua anima. Era rimasto il corpo, qualche sorriso, qualche sguardo in cui ci sembrava di scorgere un ricordo, un bagliore. Il vero addio è stato quando l’ho guardata negli occhi e ho capito che non mi riconosceva più. Ed è stato più doloroso dell’addio al corpo”.

 

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Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.