La svolta
Sì alle mamme arcobaleno, grande vittoria per i figli: ora la politica non litighi
Dalla Consulta un passo avanti verso una società che include. I bambini possono chiamare “famiglia” chi li ama ogni giorno

La sentenza della Corte Costituzionale sul riconoscimento dei figli nelle coppie omogenitoriali è una risposta attesa, che riguarda tante vite. Non è solo un dettaglio introduttivo. Se vogliamo leggere davvero questa novità in modo laico, dobbiamo partire da qui: non è una questione che tocca pochi casi isolati. Questo diritto riconosciuto parla a molti, a un numero spesso non visto, ma reale, presente.
Eppure, quando se ne discute, il pensiero va subito alle madri coinvolte, in particolare a quelle definite “intenzionali”. Ed è giusto: quelle donne sono parte attiva di questa storia. Per loro, questa sentenza è il compimento di un desiderio profondo, finalmente riconosciuto come legittimo.
Ma non sono loro il centro di tutto. Il vero centro sono i bambini. Sono loro, i figli, il cuore pulsante di questa vicenda. E non è un modo di dire. È la realtà concreta di ciò che questa decisione cambierà nelle loro vite: tutele più forti, legami riconosciuti, stabilità affettiva.
Se il dibattito politico partisse da questo sguardo, tutto sarebbe diverso. E sarebbe, credo, molto meglio. Perché pensare ai bambini prima di ogni altra cosa non è solo giusto, è l’unico modo per trovare soluzioni più umane, più largamente condivise.
Questo cambio di prospettiva potrebbe disinnescare scontri, far tacere ideologie e riportare il discorso su un terreno semplice, profondo: ogni bambino ha diritto alla cura, alla sicurezza, all’amore. Su questo, possiamo trovarci tutti. E forse, per una volta, potremmo anche scoprirci più vicini di quanto immaginiamo.
Non consideriamo questa sentenza come la vittoria di qualcuno sull’altro. Sarebbe miope. Piuttosto, riconosciamola per quello che è: un passo avanti verso una società che include, che protegge, che capisce. Spieghiamola così, raccontiamola per quello che porta: qualcosa che ci riguarda tutti. E liberiamola dalle etichette. I diritti non sono di chi urla più forte, né proprietà di chi li rivendica per sé. Un diritto vale davvero quando viene capito da tutti, quando diventa di tutti.
E allora ricordiamoci che qui non stiamo parlando solo di madri o padri. Stiamo parlando di bambini. Di figli. Di piccoli esseri umani che chiedono solo di poter chiamare “famiglia” chi li ama ogni giorno.
Ripartiamo da qui. Dallo sguardo di un bambino che si sente finalmente al sicuro. Dalla sua voce che chiama “mamma” o “papà” senza che nessuno gli dica che non può. Da quella stretta di mano che ora ha un nome, una legge, un futuro. Vedrete che andrà meglio. Per tutti.
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