Aveva solo 29 anni e avrebbe finito di scontare la sua pena tra poco più di una settimana. Non ce l’ha fatta e si è ucciso, si è impiccato nel carcere di Sollicciano a Firenze. È la 68esima vittima dall’inizio dell’anno, 25 in più rispetto allo stesso arco di tempo del 2021: una strage silenziosa che sembra non interessare alla politica, di cui i partiti si sono disinteressati in campagna elettorale e di cui i media parlano poco. Quattro i casi che riguardano invece gli agenti. La notizia è stata diffusa dal Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.

Il giovane uomo era stato trasferito da pochi giorni dal carcere di Aosta a Sollicciano. Era originario del Marocco. Su di lui pendeva un mandato di arresto europeo da eseguire da parte della Corte d’Appello. Prima di impiccarsi aveva bloccato la serratura della cella con un pezzo di plastica impedendo così l’intervento dei poliziotti penitenziari. L’intervento del 118 è arrivato intorno alle 20:45 di ieri sera, ma purtroppo per l’uomo non c’era più niente da fare.

Le ragioni del suicidio “restano ignote. In ogni caso, il dato certo è che la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio“, ha dichiarato il segretario del Sappe della Toscana Francesco Oliviero. “La morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, ha commentato il segretario generale del sindacato Donato Capece, che richiama, sottoscrivendolo, un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica: “Il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere“.

“Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni” ha fatto presente il sindacalista, che ha avvertito: “Se i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane ed alla tutela degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono avere la dignità di dimettersi”.

Per Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, quella che si consuma nelle carceri italiane “è una vera strage, di cui purtroppo non si intravede la fine. Attendiamo l’insediamento del prossimo Governo, al nuovo ministro di Giustizia chiederemo un confronto ad ampio spettro su tutte le questioni che investono il sistema d’esecuzione penale. Servono riforme strutturali, investimenti per organici ed equipaggiamenti e persino un ‘banale’ accorgimento: subito un direttore e un comandante della polizia penitenziaria titolari in ogni carcere”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.