Sessantadue suicidi in nove mesi! È questo il dato più sconfortante in merito alle condizioni delle carceri italiani. In un’epoca in cui le istituzioni, i partiti politici, giudici, avvocati, giornalisti, assistenti sociali non fanno altro che sbandierare la necessità del rispetto dei diritti civili, questo dato è inaccettabile. È inaccettabile che i detenuti debbano vivere in nove in una stanza che comprende massimo quattro persone; che venga costantemente violata la privacy; che il bagno ed il cucinino siano a pochi centimetri l’uno dall’altro.

A nulla sono serviti gli interventi dei giudici sovranazionali che hanno più volte condannato l’Italia per il trattamento inumano dei detenuti, a nulla è servita la famosa sentenza Torreggiani che prevedeva come meno di tre metri quadrati di cella per detenuto fosse da considerarsi un trattamento inumano e degradante. Infatti, il problema delle carceri in Italia resta irrisolto, sia perché le case circondariali sono vetuste e spesso mal tenute sia per il sovraffollamento delle stesse, spesso dovuto all’eccessivo utilizzo delle misure cautelari in carcere da parte della magistratura. Proprio quest’ultima criticità potrebbe essere risolta applicando alla lettera il codice di procedura penale che prevede l’applicazione della misura cautelare custodiale quale extrema ratio.

In questo contesto, ogni giorno più critico, è fondamentale che vi sia una collaborazione tra le istituzioni, magistratura, avvocatura e servizi sociali al fine di arginare il problema carcerario. Infatti, soltanto in questo modo sarà possibile garantire la funzione rieducativa della pena. Va però precisato, per completezza di esposizione, che accanto alla seppur sconcertante situazione fin qui descritta, vi sono, come spesso accade, delle eccezioni. Proprio nella nostra città spicca, come una delle strutture più funzionanti e migliori del Paese, il centro penitenziario Pasquale Mandato di Secondigliano. Una struttura all’avanguardia con le celle spaziose e contengono un massimo di quattro detenuti, che per tale motivo vivono in condizioni rispettose e rispettabili.

Chi scrive ha avuto il piacere di costatare con mano l’egregio lavoro svolto presso il CP di Secondigliano, tanto a dimostrazione che con strutture più moderne, personale appassionato ed un giusto numero di detenuti, anche nelle carceri e con i detenuti è possibile ottenere risultati e garantire la funzione rieducativa della pena. Sono proprio i detenuti, nel corso della visita effettuata a Natale 2021, a rimarcare come il CP di Secondigliano fosse il migliore tra quelli dove erano stati ristretti in passato. Infatti c’è chi racconta del carcere di Airola dove le celle erano piene di insetti e chi ricorda che nulla è peggio di Poggioreale.

In questo contesto però il CP di Secondigliano, come sottolineato dagli stessi detenuti, è una “mosca bianca”, per tale ragione è necessario in primo luogo una riforma concreta dell’ordinamento penitenziario che metta al centro i diritti e le necessità dei detenuti, così come accade nel resto d’Europa, nonché un più ragionato ricorso alla misura cautelare custodiale così da permettere a quelle strutture sovraffollate di regolarizzare una volta per tutte i loro ospiti. Questa è l’unica via per far sì che la pena inflitta possa svolgere la funzione costituzionalmente garantita di reinserimento sociale e rieducazione. Con la speranza che il nuovo governo che a giorni si formerà vorrà finalmente intervenire sui temi delicati della giustizia.