Il caso Sinner, la decisione di patteggiare tre mesi di squalifica con la Wada per negligenza nei confronti del suo staff e le polemiche che, giorno dopo giorno, continuano ad infiammare il circuito. Due pesi e due misure. Questo il ritornello che tennisti e addetti ai lavori ripetono quasi come un mantra (in realtà da mesi, gridando al complottismo) dimenticando, tuttavia, che il caso Clostebol, che ha travolto quasi un anno fa il numero uno della classifica Atp, rappresenta un vero e proprio precedente dopo anni di giustizialismo gratuito e gogna scontata.

Caso Sinner, Wada: “Lontano un milione di miglia dal doping”

D’ora in avanti tutti avranno la possibilità non solo di chiedere privacy come ha fatto Sinner e il suo staff, che hanno tenuto la notizia secretata per mesi, ma soprattutto potranno dimostrare, come ha fatto l’altoatesino, la propria estraneità senza subire il solito processo mediatico. In quest’ottica le parole della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, sono eloquenti più che mai. “Il caso di Sinner era lontano un milione di miglia dal doping. Dalla documentazione scientifica che abbiamo ricevuto emergeva come questo non fosse un caso di doping intenzionale, nemmeno in micro-dosaggi” chiarisce Ross Wenzel, General Counsel dell’Agenzia mondiale antidoping, respingendo qualsiasi ipotesi di trattamento speciale riservato al fresco campione degli Australian Open 2025.

Caso Sinner, Wada replica a Djokovic: “Sanzioni cieche al calendario”

“La Wada – spiega Wenzel – ha ricevuto messaggi da coloro che ritengono che la sanzione sia stata troppo elevata. Se alcuni affermano che è ingiusta nei confronti dell’atleta e altri che non è sufficiente, forse significa che, sebbene non piacerà a tutti, magari è quella giusta. Quando esaminiamo questi casi, cerchiamo di analizzarli dal punto di vista tecnico e operativo, e non lo facciamo con la paura di ciò che diranno l’opinione pubblica, i politici o chiunque altro”. Poi replicando alle accuse lanciate da Novak Djokovic, nuovo sindacalista del circuito, che si è fatto portavoce del malumore anche di altri giocatori, relative ai presunti favoritismi verso Sinner che potrà rientrare il 4 maggio potenzialmente da numero 1 del mondo senza saltare nemmeno uno Slam, Wenzel sottolinea: “Le sanzioni che imponiamo sono cieche al calendario” aggiunge. La Wada ha introdotto la possibilità di un patteggiamento nel gennaio del 20121. Da allora, “ho controllato e posso sbagliarmi di uno e due casi – ha precisato Wenzel – ne ho contati 67”.

Il sindacalista Djokovic non vuole nel circuito ex collaboratori Sinner

Djokovic, così come riportato dal Corriere della Sera, da Doha, dove nel primo turno affronterà Matteo Berrettini, si scaglia anche contro i due ex collaboratori di Sinner, congedati dopo il caso Clostebol: si tratta del preparatore atletico Umberto Ferrara e del fisioterapista Giacomo Naldi, colui che gli ha trasmesso una quantità infinitesimale dello steroide attraverso la pomata che aveva usato per curare il mignolo sinistro. Nel mirino del campione serbo entrambi anche se a lavorare attualmente è il preparatore atletico Ferrara ‘colpevole’ di far parte dello staff di Berrettini. “Personalmente trovo che il fatto che continuino a lavorare nel circuito sia alquanto strano, e un sacco di tennisti sono d’accordo con me”. Poi ha aggiunto: “Sinner è innocente, come è innocente la Swiatek, perché questo è stato dimostrato, a meno che in futuro non emergano altri elementi. Però le loro vicende non hanno dato una bella immagine del nostro sport, questo è sicuro. La maggioranza dei giocatori con cui ho parlato nello spogliatoio, non solo negli ultimi giorni, ma anche negli ultimi mesi, non è contenta del modo in cui è stato gestito l’intero processo e ritiene che ci siano stati favoritismi. Sembra quasi che si possa influenzare l’esito di un procedimento per doping se sei un giocatore di alto livello, se puoi permetterti i migliori avvocati e quant’altro”.

Infine rincara la dose: “Abbiamo visto i casi di Simona Halep, Tara Moore e altri giocatori che sono forse meno noti, che hanno lottato per anni per risolvere i loro casi o che sono stati sospesi per molto tempo”, ha detto. “Penso che sia davvero il momento di fare qualcosa e affrontare il sistema, perché è chiaro che la struttura non funziona in questo modo”, ha concluso.

 

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