Sinistra, centro, destra. A semplificare, il risultato delle elezioni delle ultime settimane che da Bruxelles si attendevano col fiato sospeso, è questo: in Spagna si avvia a governare un esecutivo di sinistra ed indipendentisti, in Slovacchia un esecutivo che formalmente è di sinistra ma al contrario è un’alleanza di estrema destra e nazionalisti affascinati da Orbàn, in Polonia, salvo sorprese, una maggioranza Ursula.

A Madrid l’esito della trattativa dei socialisti di Sanchez con la sinistra-sinistra di Sumar, gli autonomisti di centro-sinistra e gli indipendentisti catalani di sinistra-sinistra non è per nulla scontato ed infatti non è stata ancora fissata la data in cui si arriverà a votare la fiducia. Sanchez pare essere indirizzato, quasi serenamente rassegnato, a concedere l’amnistia agli indipendentisti catalani per i fatti del 2017 ed il fatto che i sondaggi più recenti diano il PSOE in crescita rispetto ai risultati delle elezioni lo tranquillizza sul fatto che l’argomento sia sicuramente inviso alla destra nazionalista, ma non alla popolazione generale. Il fatto che poi i popolari di Feijóo, pur contrarissimi all’amnistia, non si siano accodati alla durissima propaganda ultranazionalista della destra di Vox contro il provvedimento è una ulteriore conferma che la Spagna abbia voglia di voltar pagina. Altre due richieste dei futuri possibili alleati di governo: la celebrazione di un nuovo referendum sull’indipendenza della Catalogna – ed in questo caso il niet del Psoe è tassativo – e la questione del trasferimento alla Generalitat catalana delle ferrovie regionali.

A Varsavia, terminati i conteggi definitivi che assegnano all’opposizione 4 seggi in più rispetto ai primi exit poll, la palla sarà a giorni nelle mani del presidente Duda, espressione del partito di destra PiS che dalle elezioni è uscito sconfitto: sarà Duda a dover decidere se dare l’incarico a Morawiecki, sapendo che non ha alcuna possibilità di formare il governo salvo improbabili defezioni, o a Donald Tusk, leader della coalizione vincente. “I partiti democratici vincitori sono in costante contatto e sono pronti ad assumersi la responsabilità del governo nel paese in qualsiasi momento”, ha detto Tusk, con parole assai chiare, appellandosi a Duda affinché decida e decida alla svelta.

A Bratislava invece sembra essere fatta. A due settimane dal voto, manca solo la lista dei ministri ed il governo guidato dall’ex premier Robert Fico coi suoi (molto deboli) alleati sarà al potere. Cosa accadrà in termini di relazioni internazionali della Slovacchia non è dato ancora saperlo, perché la marcia di avvicinamento di Fico verso Orbàn sarà probabilmente fatta per gradi: cosa accadrà invece sul piano economico è un elemento di grande preoccupazione, perché certamente il nuovo governo non eredita una situazione ottimale e molti rubinetti di investitori stranieri potrebbero nei prossimi mesi chiudersi.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva