A Madrid l’aria è tesa. Dopo due serate consecutive di proteste, condite da scontri e bollettini medici, la tensione non accenna a calare. Migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro la possibile amnistia che Pedro Sanchez potrebbe concedere ai secessionisti catalani in cambio dei voti utili per continuare a essere il premier spagnolo. E il luogo attorno a cui si sono concentrate le proteste non è casuale: per due sere, infatti, è stata scelta come bersaglio delle dimostrazioni la sede nazionale del Psoe, il partito socialista guidato da Sanchez, in calle Ferraz. Le forze dell’ordine hanno faticato a tenere a freno la violenza, tanto che il bollettino finale di ieri è stato di 39 feriti, di cui 29 agenti della polizia. Oltre che a sei arresti tra la folla.

Dietro alle proteste non c’è nessuna regia occulta, con migliaia di persone pacifiche che hanno legittimamente manifestato. Ma alcuni gruppi di violenti, appartenenti a una variegata galassia di estrema destra, hanno impegnato a lungo la polizia. Da Democracia Nacional a Hacer Nacion, dalla Falange Espanola al Bastiòn Frontal, tutte formazioni di estrema destra, alcuni casi collegati a gruppi ultras, con posizioni xenofobe e neonaziste. A essere presenti, anche il collettivo Desokupa, un soggetto più o meno politico creato da esperti di arti marziali e addetti alla sicurezza.

Ma tra le migliaia di manifestanti, erano presenti anche i membri e i leader di Vox, il partito di destra nazionalista guidato da Santiago Abascal e alleato della premier italiana Giorgia Meloni. Abascal ieri ha dichiarato che la colpa delle violenze commesse nelle ultime ore sia stata solo del governo Sanchez, dando del “golpista” al premier incaricato e ribadendo il proprio sostegno a favore di “tutte le proteste di resistenza pacifica”. Lo stesso Abascal, visto sfilare in piazza in cerca di strette di mano, foto e riflettori, solo un paio di giorni fa chiedeva alle forze di polizia di rivoltarsi e di non obbedire agli ordini. In piazza c’era anche il movimento giovanile Revuelta, che per sua stessa ammissione si definisce una forza composta da “gioventù patriottica” e “che cerca di alimentare lo spirito rivoluzionario”. Un movimento che si dichiara indipendente, ma che è legato a doppio filo con Vox, tanto che il partito ne rilancia spesso i contenuti.

Solo questa mattina, invece, è arrivata la condanna delle violenze da parte del leader del Partito popolare spagnolo Alberto Núñez Feijóo. “La violenza non ha posto nella democrazia e deve essere respinta”, ha detto Feijóo che però ha sottolineato di non accettare nessuna lezione “da coloro che lavorano per garantire che gli atti di violenza restino impuniti”. Il dito è puntato contro Sanchez e i piani sull’amnistia.

I popolari, tuttavia, restano comunque i primi promotori della mobilitazione generale contro il premier incaricato, con Feijóo che continua a cercare e trovare sponda in Vox per attaccare il Psoe. Una strategia messa in piedi fin da prima delle elezioni, che tuttavia non ha pagato per i popolari, a causa soprattutto del deludente risultato del partito di estrema destra. Un flop che non ha permesso a Feijóo di racimolare i seggi necessari per una maggioranza conservatrice. Una dura lezione per il leader dei popolari, che invece di isolare i nazionalisti – come per esempio fatto in Germania dalla Cdu con l’Afd – ha preferito cercare una convergenza forzata. Intanto, i negoziati tra i secessionisti catalani e i socialisti per la formazione di un nuovo governo hanno dato esito positivo. Molto probabilmente, però, non sarà questa la settimana decisiva per l’insediamento, come sperato da Sanchez, ma solo la prossima.