Tutti fermi e tutti a casa, almeno dal 21 dicembre al 6 gennaio 2021. Nessuno spostamento in entrata e in uscita tra regioni e provincie autonome. E anche tra comuni il 25 dicembre, il 26 dicembre e il primo gennaio 2021. L’Italia deve fermarsi per evitare una terza drammatica ondata della pandemia coronavirus nei primi mesi dell’anno prossimo. Queste quindi le limitazioni impresse dal dpcm Natale e dal decreto legge che gli ha fatto da cornice, entrambi firmati ieri. È però la misura sui comuni, prevista per i principali giorni di festa, a dividere e a scatenare polemiche. Che arrivano dai governatori, dall’opposizione naturalmente, e dalla maggioranza perfino. Qualcuno ipotizza che la limitazione possa essere rivista prima di Natale: in effetti c’è tempo.

“È una regola inapplicabile”, l’ha definita il Presidente della Lombardia di Attilio Fontana, il primo a denunciare l’esecutivo di non aver dialogato abbastanza con le Regioni. L’accusa di Fontana è rivolta ai motivi citati dai decreti per violare le norme sugli spostamenti: comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. “La necessità la si può individuare sempre – ha osservato a Mattino 5 il governatore – se necessità è andare a trovare un parente allora lo si dica chiaramente. Credo che sarebbe stato più opportuno non inserire questa normativa, tant’è che ho chiesto al presidente di accelerare il percorso di approvazione in Parlamento per modificare quella parte, in sede di conversione, prima di Natale”. E mentre Fontana ha definito il divieto un “fatto lunare”, il governatore del Veneto Luca Zaia è stato meno diplomatico: “Bestialità scientifica”, l’ha definita. Misure “non solo genericamente irragionevoli, ma particolarmente disumane” hanno dichiarato in una nota congiunta i capigruppo di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia al Senato, Anna Maria Bernini, Massimiliano Romeo, Luca Ciriani.

E questo per quello che riguarda l’opposizione, le critiche non mancano però anche in seno alla maggioranza. Ieri era arrivato l’appello di 25 senatori del Partito Democratico (sono 35 in totale) al capogruppo Andrea Marcucci per emendare il divieto per i comuni medio-piccoli. Pollice verso anche da parte del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (democrat di alto rango) secondo il quale la misura “rischia di isolare chi vive in un piccolo Comune, magari ad un chilometro di distanza”, ha detto al Tg4, invitando il governo a ripensare la decisione. Per Michele Emiliano, anche lui dem, anche lui governatore, ma della Puglia, si tratta di una misura surreale: “Se uno abita a Roma può muoversi in diverse località, se è di Bari un po’ meno ma ci riesce, ma se uno abita in comuni di pochi abitanti è come vivere a Ventotene durante il fascismo”, ha dichiarato a Stasera Italia.

È abbastanza bipartisan, insomma, la fronda ostile al divieto. Non mancano gli scienziati, come il virologo e consulente tecnico-scientifico del Pio Albergo Trivulzio Fabrizio Pregliasco. “Non è facile venire incontro alle esigenze di tutti i cittadini e di situazioni molto particolari di famiglie che vivono in due Comuni diversi – ha detto a margine di una conferenza stampa al Pat per illustrare le ultime misure adottate – Per cui, queste indicazioni di ordine generale diventano stringenti e impossibili. Ritengo che il presidente Fontana voglia portare all’attenzione nazionale quello che è stato il grosso lavoro di tutte le strutture sanitarie e di tutti i cittadini lombardi che stanno facendo vedere che le cose migliorano”. Si è detto dunque “favorevole” alla proposta del governatore  Fontana di consentire gli spostamenti tra Comuni diversi nei giorni di Natale, Santo Stefano e il primo gennaio. Insomma, il divieto scricchiola, e fino a Natale ce n’è ancora di tempo.

Antonio Lamorte

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