Un incubo durato ben sette anni dove è stato vittima di una inchiesta giudiziaria scioltasi come neve al sole e sporcatasi di centinaia di intercettazioni abusive. Stefano Esposito, ex senatore scaricato dal Pd, oggi assiste all’ultimo capitolo di una vicenda surreale che gli ha inevitabilmente segnato, oltre alla vita privata, anche la carriera politica. La sua posizione è stata archiviata oggi, martedì 3 dicembre, dal Gip del tribunale di Roma su richiesta della stessa procura capitolina che aveva ereditato l’inchiesta nata a Torino nel 2017. Sul caso era intervenuta anche la Corte Costituzionale che ha rilevato l’illegittimità delle numerose intercettazioni telefoniche su Esposito raccolte dagli inquirenti piemontesi. I reati ipotizzati erano la corruzione e il traffico di influenze illecite. Fuffa. Il gip Angelo Giannetti ha preso atto che la stessa procura di Roma ha sollevato “dubbi sulla fondatezza delle ipotesi d’accusa”.

Esposito e l’inchiesta scoperta per caso: 500 intercettazioni abusive

Eppure Esposito, così come raccontato più volte in questi anni al Riformista, scopre solo nell’ottobre 2020, quando arriva la chiusura delle indagini, “di essere stato intercettato indirettamente 500 volte (un caso particolare perché tutte le intercettazioni sono esclusivamente con Muttoni) da febbraio 2015 fino al 21 marzo 2018”. “Ufficialmente rientro nel grande calderone della cosiddetta Bigliettopoli, ovvero favori in cambio di presenze omaggio agli eventi musicali, ma in realtà la mia vicenda non c’entra niente”. In sostanza? “Nel 2010 Muttoni mi presta 150mila euro. Attenzione: con tanto di bonifico, non in nero o altro modo opaco. Sono soldi che mi servono per comprare una casa. L’anno dopo glieli restituisco”.

Esposito, 2.589 giorni di gogna: “Non è una vittoria”

Nelle scorse ore, dopo aver appreso dell’archiviazione, Esposito ricorda l’incubo durato per la precisione “2.589 giorni. Oggi, finalmente, i magistrati di Roma hanno emesso il decreto di archiviazione che pone fine ad una vicenda giudiziaria a dir poco assurda. Questa indagine ha segnato in modo profondo e irreparabile la mia vita e quella della mia famiglia. Gli ultimi sette anni sono stati un incubo che lascia cicatrici indelebili, nonostante l’attuale epilogo che chiude formalmente questa triste pagina della giustizia italiana”. “Questa archiviazione – continua Esposito – segna la fine di una sofferenza non raccontabile, ma non cancella le sofferenze e le conseguenze a lungo termine. Per sette anni sono stato vittima di accuse infamanti e di gravi violazioni dei miei diritti. Non considero questa una vittoria. Le cicatrici che porto, così come quelle inflitte alla mia famiglia, non potranno mai essere cancellate da niente e da nessuno”. “La giustizia – conclude Esposito – ha ristabilito la verità, ma il prezzo che ho pagato è stato altissimo. Cercherò di continuare a parlar di questa vicenda affinché simili ingiustizie non si ripetano, con la consapevolezza che, nel nostro Paese, non tutte le vittime di ingiustizia hanno la possibilità di difendersi per così tanti anni e di poter raccontare la propria storia”.

Esposito e l’intervista profetica: “Il Pd non difende mai i suoi perché non è una comunità ma un brand”

Una vicenda che, come dicevamo, ha segnato anche la carriera politica di Esposito, deputato del Pd nella XVI legislatura e senatore nella XVII legislatura. Nel dicembre 2022, in una intervista rilasciata al Riformista, Esposito criticò il suo partito perché “rincorre troppo la cultura grillina” e “non difende mai i suoi”. L’occasione fu quasi profetica perché in quel periodo era chiamato a commentare lo scandalo Qatargate e la vicenda relativa all’ex europarlamentare Andrea Cozzolino (quattro mesi di domiciliari prima della revoca del mandato d’arresto). Cozzolino prontamente scaricato dal Pd. Esposito così commentava l’inchiesta: “Comunque vada a finire questa vicenda, Cozzolino è già finito. Non ci sarà modo di riabilitarlo anche se tra poco verrà fuori che non aveva alcuna responsabilità. Il Pd insegue il momento, senza con questo frenare la perdita di consensi. Quando la macchina del fango parte, non si ferma più”.

Alla Schlein, a Bonaccini (oggi europarlamentare) e agli altri candidati alla segreteria suggeriva di “coltivare il dubbio” perché “è il primo comandamento di un garantista. E invece oggi l’unico dubbio che viene coltivato è sul grado di colpevolezza dell’indagato. E per me questo è un livello di barbarie inaccettabile”. Sul perché il Pd “non difende mai i suoi”, la spiegazione è eloquente: “Perché in fondo il Pd non è mai diventato una comunità. È nato da una fusione a freddo che non ha mai prodotto il calore di una comunità. È un brand, ragiona come le aziende in termini di reputazione del marchio a prescindere dalle storie delle persone che lo incarnano”. Capita così che “se parli con i singoli, è diverso. Ti danno tutti ragione. Però rispondono a una logica perversa, e le azioni del partito sono altre: l’abbandono, la messa al bando. Quando in un gruppo una persona ha bisogno di una mano, e invece di un braccio teso si vede arrivare una pedata, non la si può più definire comunità. Il Pd è una cordata. Quando uno può diventare un peso, perché preso di mira da un magistrato, gli altri tagliano la corda. Lo fanno come riflesso di sopravvivenza, sempre. La lista sarebbe lunga”.

Non a caso dopo l’archiviazione di oggi, a parlare sono pochi, pochissimi. C’è l’ex premier Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che l’ha sempre difeso, anche sulle colonne di questo giornale durante la sua direzione. “La vita di Stefano Esposito – scrive – è stata massacrata da una indagine assurda e priva di ogni fondamento. Oggi che la vicenda si chiude con la conferma della totale innocenza di Stefano, mando un pensiero alla sua famiglia. E sono contento che almeno noi siamo stati tutti i giorni, per 2589 giorni, al suo fianco. Al fianco della giustizia contro il giustizialismo”.

Del Pd si fanno avanti solo Matteo Orfini e Pina Picierno. Il deputato dem commenta che “con l’archiviazione di tutte le accuse finisce la surreale vicenda giudiziaria di Stefano Esposito. In questi lunghi anni non ho mai avuto dubbi sull’assurdità delle accuse e non l’ho mai nascosto, come testimoniano gli atti parlamentari. Poco a poco la verità si è affermata, e oggi vengono riconosciute anche le forzature di chi ha costruito l’impianto accusatorio. Nulla però restituirà a Stefano questi sette anni di sofferenza. Spero solo che questa dolorosa storia sia di insegnamento a tutti e che la politica sappia recuperare un dirigente come lui, che ha mostrato ancora una volta stile, dignità e combattività. Caratteristiche delle quali abbiamo un grande bisogno”. La vicepresidente Pd dell’Europarlamento aggiunge: “Dopo sette anni complicati, sono finalmente cadute le accuse contro Stefano Esposito e la sua posizione è stata definitivamente archiviata. Esprimo solidarietà a lui, a tutta la sua famiglia e ai suoi affetti per quanto hanno dovuto, ingiustamente, affrontare. La sua storia sia da insegnamento a quanti, in modo frettoloso e con foga giustizialista, emettono sentenze prima del dovuto, e pone importanti questioni sui tempi della nostra giustizia”. Il resto dei dem?

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.